Primo, serio intoppo alla tregua siglata dal Pdl-Fli sulla strada delle riforme. Il primo di una serie di provvedimenti che riguardano la riforma della Giustizia, il cosiddetto nuovo Lodo Alfano, approvato dalla Commissione costituzionale del Senato, subisce uno stop ad opera del presidente della Repubblica. Ma non è l’osservazione di Giorgio Napolitano a provocare i contrasti, bensì il commento di Gianfranco Fini.
Napolitano, in merito al provvedimento che offre uno “scudo” al presidente del Consiglio durante il suo mandato (sospensione, non soppressione o prescrizione dei processi), ha osservato che la norma che prevede la tutela anche del Presidente della Repubblica è per la funzione del capo dello Stato una “diminutio”, cioè un declassamento della sua indipendenza, in quanto oggetto di voto parlamentare a maggioranza semplice. L’art. 90 della Costituzione parla del capo dello Stato che “nell’esercizio delle sue funzioni” non può essere accusato di nessun reato tranne che di quello di alto tradimento e di attentato alla Costituzione, nel qual caso lo stato di accusa tocca al Parlamento che decide con maggioranza qualificata. Nel nuovo testo del Lodo Alfano costituzionale, cioè di quelle norme che una volta approvate faranno parte della Costituzione, è stata aggiunta una tutela anche per reati non commessi nell’esercizio delle sue funzioni, ma eventualmente prima, nel qual caso, essendo un fatto procedurale, non di merito, nel testo compare la decisione a maggioranza semplice del Parlamento. Tutto sommato, Giorgio Napolitano ha tenuto a fare un’osservazione “imparziale”, come ha precisato il giorno dopo la nota in cui si faceva riferimento alla “dipendenza” del capo dello Stato da una “maggioranza semplice”, cioè da una “maggioranza politica” e non da una “maggioranza qualificata”, ossia da tutto il Parlamento.
Alla nota del presidente della Repubblica ha fatto seguito l’obiezione del costituzionalista Gaetano Pecorella, Pdl, il quale ha osservato che non c’era “diminutio” in quanto, come accennato prima, trattandosi di un fatto procedurale, è prevista la maggioranza semplice, come avviene quando si decide sull’autorizzazione a procedere per gli altri parlamentari. In ogni caso, ha detto Pecorella, il provvedimento a favore del capo dello Stato pro tempore (cioè non di Napolitano come persona, ma di tutti i presidenti della Repubblica in quanto funzione) “è una tutela in più”, non in meno, in quanto il capo dello Stato se è vero che è coperto da immunità per reati commessi nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento e attentato alla Costituzione, non lo è per eventuali altri reati, tipo abuso edilizio, eventualmente commessi prima.
Le questioni giuridiche saranno risolte dai giuristi, il fatto, però, è che l’argomento è diventato materia di contrasti politici tra il premier e Fini. Il premier ha dichiarato che per lui il Lodo Alfano può essere anche ritirato, che a lui non interessa, ma Fini ha colto l’occasione per distinguersi dal premier appoggiando Napolitano e chiedendo la non reiterazione del provvedimento. In sostanza, che il provvedimento non fosse più presentato. Una frecciata, dunque, di Fini a Berlusconi, all’insegna ormai della fibrillazione continua nella maggioranza, fibrillazione causata anche dopo un dibattito tra il presidente della Camera e Massimo D’Alema, durante il quale Fini ha sostenuto che se il governo cadrà su qualche argomento, lui sarebbe favorevole ad un altro governo. Il che ha provocato un gelido silenzio da parte del Pdl e una critica alla proposta di Fini di aumentare le tasse sulle rendite finanziarie (in pratica a chi possiede risparmi in Bot e Cct, cioè alla gente che ricca non è, o titoli di Borsa) per finanziare la riforma universitaria.
Altro tema cruciale per il governo e che potrà avere riflessi sul dibattito politico è il conferimento a Bertolaso di poteri straordinari per l’emergenza rifiuti a Napoli.
Dopo aver risolto l’emergenza rifiuti nel 2008, il problema è riemerso perché gli enti locali (il sindaco di Napoli, il presidente della Provincia e il presidente della Regione), ai quali toccava di gestire la normale amministrazione, non hanno fatto gran che per modificare raccolta, stoccaggio, smaltimento e gestione complessiva del settore. I siti individuati dai tecnici del governo Prodi e confermati dai tecnici del governo Berlusconi, con particolare riferimento alla prima e alla seconda discarica da aprire a Terzigno, sono stati e sono duramente contestati dalla popolazione che negli ultimi tempi è scesa in piazza impedendo il passaggio dei camion e facendo danni di varia entità, compresi i ferimenti di poliziotti che a loro volta hanno ferito ed arrestato vari esponenti della rivolta.
Una situazione insopportabile per la popolazione che non vuole vivere a contatto con una discarica e una situazione intollerabile per le istituzioni che non possono accettare uno stato di degrado che non trova pari in Europa. Il governo dà la colpa alle amministrazioni locali di sinistra, che per vent’anni non hanno affrontato il problema, anzi, lo hanno incancrenito; la popolazione vuole una sola cosa: nessuna discarica a Terzigno.
Nella seduta del Consiglio dei ministri del 22 ottobre sono stati dati pieni poteri a Guido Bertolaso. Il premier ha dichiarato che l’emergenza rifiuti sarà risolta “in dieci giorni”; Guido Bertolaso, dopo una riunione a Napoli il giorno successivo con rappresentanti delle istituzioni e della popolazione, ha rinviato l’apertura della seconda discarica a Terzigno, ma ciò non vuol dire aver tranquillizzato la popolazione.
Le trattative sono in corso e in corso è anche la ricerca di una soluzione accettabile per tutti, che comunque non può non prevedere l’eliminazione delle montagne di spazzatura dalle strade di Napoli.
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