Quando il quotidiano inglese The Guardian, un giorno prima dell’inizio del G8 a L’Aquila, annuncia che “cresce la pressione tra i Grandi ad espellere l’Italia dal club delle nazioni più industrializzate per far posto alla Spagna”, dice una enorme sciocchezza che fa dubitare delle capacità di analisi e di giudizio del direttore del giornale, che esprime piuttosto un augurio che una verità, ma tutto sommato siamo ancora nei limiti di una diversità di opinione. Quando sulla copertina del tedesco Der Spiegel compare una foto del premier italiano col titolo “Der Pate” qualificandolo come “Al Cafone”, il minimo che si possa dire è che si tratta di maleducazione e di inciviltà, ma in realtà si tratta di un atto di offesa a tutti gli italiani che in libere elezioni hanno votato e continuano a votare il presidente del Consiglio. Quando il Times qualifica il capo del governo italiano come “buffone” non commette un atto di delinquenza giornalistica, come Der Spiegel, ma fa semplicemente un’operazione di cattivo gusto. Siccome noi non apparteniamo a quella categoria di italiani che pensano di attirare su di sé giudizi positivi denigrando e facendo denigrare l’avversario politico, notiamo che se la stampa estera è arrivata a questo livello di ingiurie è perché in Italia c’è una stampa che manipola le notizie, che qualifica “mostro” il bersaglio delle notizie false e poi lancia accuse che poggiano sul nulla accertato ma che vengono riprese dalla stampa estera. Un esempio? È accertato che tra Noemi Letizia e il premier non c’è mai stato nulla se non amicizia con la famiglia, tuttavia sui giornali si continua a parlare sempre di suoi “rapporti sessuali con le minorenni”. Forse è il caso di ricordare che il ruolo che l’opposizione attuale sa svolgere al meglio è quello, sulla scia di una lunga tradizione, di demonizzare gli avversari politici perché così facendo li denigra additandoli al ludibrio pubblico e nello stesso tempo colloca – o presume di collocare – se stessa dalla parte della superiorità morale, alla prova dei fatti inesistente. Quando nel 1994 l’allora pm Di Pietro esclamò (ammissione di Borrelli, allora capo della Procura di Milano) “Io quello là lo sfascio” fa capire cosa era e cos’è l’imparzialità della magistratura; che Di Pietro il giorno stesso dell’apertura del G8 compri una pagina sull’International Herald Tribune per denunciare “la democrazia in pericolo” in Italia parlando di accuse mai provate e di pressioni su due giudici della Corte Costituzionale e chiedendo alla stampa estera “pressioni” sulla stessa Corte Costituzionale, non accorgendosi della macroscopica contraddizione in cui cade, la dice lunga sul livello inquietante di moralità e di democrazia di certi personaggi nostrani che pensano di guadagnare stima all’estero denigrando uomini e istituzioni per odio politico. Per parte nostra, concludiamo ricordando che la storia ha sempre dimostrato che i più severi moralisti si sono sempre rivelati essere i più grandi farabutti.
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