La compagna di Alberto Bevilacqua denuncia la clinica privata Villa Mafalda di Roma per cure inadeguate e perché, senza nessuno che possa decidere per lui, lo scrittore è diventato un “ostaggio”, ma la clinica smentisce questa versione
Ciò che sta accadendo ad Alberto Bevilacqua, 78 anni, uno dei più noti scrittori italiani vincitore di premi letterari e autore di romanzi famosi come “I sensi incantati”, ha dell’incredibile. Almeno a giudicare da quello che dice la sua compagna, Michela Macaluso. Circa tre mesi fa, entrò in una clinica privata per uno scompenso cardiaco, ma poi le sue condizioni sono peggiorate, a causa di insufficienza respiratoria che gli ha procurato incoscienza.
Fin qui le condizioni cliniche. Il guaio è che la sua compagna non è soddisfatta delle cure, nel senso che ritiene che le cure non siano adeguate e vuole portare il compagno in una struttura pubblica. Doveva essere una decisione semplice, cioè chiedere il trasferimento del degente da una clinica ad un ospedale pubblico, ma così non è stato, perché la direzione della clinica “Villa Mafalda” molto semplicemente non ha preso in considerazione la richiesta della donna in quanto non ha nessun legame di parentela con il paziente. La direzione della clinica, insomma, si attiene alla legge, che in Italia impedisce a chi non ha un legame giuridico con un paziente di poter accedere alle informazioni sullo stato di salute o di decidere per lui.
Il caso di Alberto Bevilacqua si complica perché non è sposato, non ha figli, né parenti alla lontana che si occupino di lui. Ha solo una sorella, peraltro anziana, che ritiene che il fratello sia ben curato in quella clinica.
A questo punto, la compagna, constatando che le condizioni di salute di Bevilacqua al posto di migliorare peggiorano, e non potendo ottenere nessuna risposta dalla clinica, ha deciso di presentare una denuncia alla magistratura per lesioni colpose, l’unico modo per sboccare la situazione e tentare di salvare la vita allo scrittore.
Le indagini, trattandosi di un caso eclatante per la notorietà del personaggio, sono iniziate subito con il sequestro della documentazione nella casa di cura romana: dalla cartella clinica alle relazioni del personale medico. Ma già si immagina dove le indagini andranno a parare e a scavare per capire come mai sia potuto accadere un fatto del genere così grave dal punto di vista clinico e ancora più grave dal punto di vista penale.
Prima di andare più a fondo nei dettagli, ci preme notare che in Italia non è possibile fare solo quello che non si vuole fare. Tutti sanno che se una persona chiede informazioni su un parente e sulle sue condizioni di salute nessuno te le dà. Se le stesse informazioni le fai chiedere da qualcuno che conosce chi le deve dare, tutte le porte si aprono e rimangono spalancate. Questo per dire come funziona la legge sulla privacy.
Nel caso della compagna di Alberto Bevilacqua c’è forse qualcosa di più: la retta pagata alla clinica. Da notizie trapelate sulla stampa si rivela che la retta giornaliera ammonterebbe a tremila euro, una cifra enorme. Ma forse se non è quella giusta, non lo è solo per difetto. La compagna di Bevilacqua ha ricevuto una lettera – si presume a casa dello scrittore, visto che lei non viene riconosciuta come titolare di decisioni che riguardano l’illustre paziente – nella quale si comunica che la retta dei primi tre mesi di ricovero è pari a 640 mila euro. Siccome 120 mila sono stati già versati, si precisa nella lettera, ne restano da versare altri 520 mila.
La direzione, dunque, ha mandato la lettera a casa dello scrittore, mentre lui è ospite di Villa Mafalda. Siccome non può parlare, perché non è cosciente, allora gliel’hanno mandata a casa, nella evidente speranza che la leggesse la compagna e provvedesse alla bisogna. Dunque, la compagna non viene riconosciuta come persona di fiducia dello scrittore ma come ufficiale pagatore sì. Misteri della burocrazia italiana.
La direzione della clinica, al contrario della compagna di Bevilacqua, sostiene che è ben curato e che lui è d’accordo a che rimanga dove si trova.
La verità l’hanno capita tutti, ormai, e gl’inquirenti dovranno farla emergere, se è vero che il punto dolens di tutta la questione è la retta stratosferica che Villa Mafalda vorrebbe continuare a percepire senza essere in grado – a detta di Michela Macaluso, di offrire cure adeguate, o che Michela Macaluso non vorrebbe più pagare ritenendola esosa..
Concludiamo con una annotazione piccola piccola: è possibile che in Italia non si riesca ad approvare una legge che in casi di comprovata e reale convivenza – immaginiamo gl’imbrogli possibili in situazioni sfumate di questo genere – possa dare a uno dei due membri della coppia il potere di decidere su materie riguardanti la salute, il contratto di affitto, le scelte più comuni e necessarie di una coppia?
In Italia è ancora così.