Non ci vorrà molto a immaginare che l’inchiesta dell’Onu su Israele – alla quale hanno detto no gli Stati Uniti, l’Italia e i Paesi Bassi – si concluderà con la condanna di Israele; e ci vorrà ancor meno per prevedere che a condannare Israele saranno non solo i nemici, ma anche gli amici.
Ad emettere condanne inappellabili saranno i nemici di sempre, perché ogni cosa che fa Israele per costoro è da condannare per il solo fatto che si tratta di Israele. È stato osservato da autorevoli commentatori che Israele è sotto i riflettori del mondo e niente gli viene perdonato, nemmeno ciò che è nulla rispetto alle tragedie commesse da altri. Ma a condannare saranno anche gli amici, perché in effetti Israele è caduto in una trappola tesa da quanti non cercavano altro che essere attaccati per far ricadere la colpa su Israele.
Tra i pacifisti di professione che volevano raggiungere la Striscia di Gaza viaggiavano anche esponenti e militanti filo Hamas e le organizzazioni non governative erano notoriamente legate al gruppo turco Ihh, finanziatore della guerra santa contro Israele e l’Occidente. C’è da chiedersi il perché di questa presenza internazionale così nutrita ed agguerrita.
La realtà è che le ispezioni sono state l’occasione cercata per far nascere un caso, come di fatto si è verificato. Se è vero che gruppi filo Hamas hanno risposto alle ispezioni con la violenza, è segno che aspettavano un’occasione simile e gli israeliani hanno reagito cadendo appunto in una trappola.
Un autorevole commentatore come Sergio Romano ha notato come la perdita di autorevolezza degli Stati Uniti in Medio Oriente stia spiazzando Israele da una parte, che si sente sempre di più accerchiato da nemici pronti a distruggerlo o a tentare di farlo (vedi Iran), ma dall’altra sta spingendo la Turchia, fino a poco tempo fa fedele pedina della Nato, a cercare una prospettiva verso Est, essendole precluso un ruolo in Europa.
La Turchia, infatti, nella vicenda del convoglio che voleva violare la sovranità di Israele, ha preso le parti dei pacifisti – veri o presunti – contro Israele, mentre in passato la Turchia era uno dei pochissimi Paesi di religione musulmana ad aver riconosciuto lo Stato di Israele e ad avere regolari relazioni diplomatiche.
La Turchia aspira ad un ruolo molto più gratificante che non quello di alleato fedele dell’Occidente. Una volta ciò era possibile perché l’alternativa era di diventare un satellite dell’Urss, ma ora che non c’è più l’Urss, vorrebbe giocare un ruolo che nessuno gli vuol dare, quello di potenza mediterranea entro i confini dell’Europa con un’influenza non di poco conto nel Medio Oriente.
Schiacciata com’è da una parte dall’Iran e dall’altra dal rifiuto dell’adesione all’Europa, la Turchia ha abbandonato o sta abbandonando il carattere di Paese islamico per così dire laico per avvicinarsi agli altri Paesi islamici.
Si dirà: cosa c’entra tutto questo con Israele? C’entra eccome, perché la posizione di Israele è quella di essere un piccolo Paese e l’unico davvero democratico dell’intera regione mediorientale, accerchiato, come detto, da popoli ostili. La reazione spropositata che ha portato alla strage sul convoglio ricadrà in primo luogo su Israele stesso, come già è accaduto.
È stato notato da più parti come errori di altri Paesi che hanno provocato stragi di dimensioni ben maggiori siano stati se non giustificati quantomeno non drammatizzati oltre misura. Questo di Israele, invece, è stato esasperato.
A ben vedere, non è una sorpresa. Negli ultimi tempi stavano faticosamente riprendendo i cosiddetti colloqui indiretti tra gli israeliani e i palestinesi sotto l’egida della Lega Araba.
Come finora è successo ogni qual volta si sono raggiunti o si stavano raggiungendo degli accordi di pace, sono state create occasioni di conflitto che hanno rimesso in discussione gli accordi raggiunti o raggiungibili. Questa volta i conflitti sono emersi ancor prima che i colloqui indiretti potessero offrire degli spiragli di pace.
L’egida della Lega Araba dava ai colloqui indiretti un minimo di garanzia che finalmente questa sarebbe stata la volta buona. Puntuale il lavoro di coloro che vogliono che il Medio Oriente resti in balia della confusione e degli odi.
Né stupirebbe che altri ostacoli sorgano sulla strada del dialogo, in quella o in altra parte del mondo.
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