La classifica dell’Agenzia sanitaria delle Regioni
La sanità in Italia? Come dappertutto ci sono degli ospedali che funzionano, dove si è curati con competenza, gentilezza e rapidità, e ospedali dove questi requisiti, in tutto o in parte, mancano, per cui succede che in ospedali non quotati si rischia di più in caso di patologie gravi o di interventi seri. L’Agenas, l’agenzia che sulla base di precisi indicatori riferiti agli interventi e alle patologie più frequenti fa la radiografia degli ospedali migliori e peggiori della Penisola, al termine della ricerca ha fatto verificare i dati comunicati da 33 ospedali su 1440. I dati forniti da questi 33 ospedali non hanno convinto i responsabili dello studio, di qui, appunto, la verifica. Cos’è che non convinceva i ricercatori dell’Agenas? Prendiamo ad esempio i ricoveri per infarto al miocardio acuto: se la mortalità a 30 giorni dal ricovero è troppo bassa o troppo alta rispetto agli standard in Italia, allora, si sono detti i ricercatori dell’Agenas, vuol dire che qualcosa non quadra. Naturalmente, i dubbi hanno riguardato le grandi cifre. Se, mettiamo un ospedale ha comunicato la mortalità zero per un infarto acuto al miocardio su 500 pazienti, allora può voler dire che i dati comunicati facilmente non corrispondono al vero e magari sono stati dati per apparire più efficiente di quanto non sia. Se, invece, ci sono troppi morti, allora può voler dire che o in quell’ospedale è meglio non entrarci, oppure che i dati sono stati alterati per ragioni di rimborso. Ecco spiegato perché 33 ospedali sono stati pregati di fare una verifica.
Dalla ricerca già effettuata viene fuori che il miglior ospedale in Italia è il San Raffaele di Milano, al secondo posto si sono classificati gli “Ospedali Civili” di Brescia, al terzo i SS. Antonio e Biagio di Alessandria, al quarto l’Ospedale A. Manzoni di Lecco, al quinto l’Azienda ospedaliera di Perugia. Seguono: Poliambulanza di Brescia, Fornaroli di Magenta, Niguarda di Milano, Aldo Chiascio di Gubbio e Santa Maria di Rovereto. C’è una classifica dei migliori, ma ce n’è una anche dei peggiori, anche se gl’interessati non sono d’accordo. Comunque, tra i dieci peggiori troviamo il Federico II di Napoli, l’Azienda Osp. G. Martino di Messina, l’Azienda Osp. Dei Colli P. Monaldi di Napoli, il San Filippo Neri di Roma, l’Azienda universitaria Policlinico di Napoli, lo Stabilimento Osp. Di Venere (Bari), il Presidio Osp. S. Rocco di Caserta, il S. Anna di Pomezia, l’Ospedale della Val di Chiana, i S. Anna e Sebastiano di Caserta.
Mettendo a confronto i dieci migliori e i dieci peggiori si nota che i 6 migliori sui primi dieci si trovano in Lombardia. Gli altri quattro si trovano uno in Piemonte, due in Umbria e uno in Trentino, mentre i primi dieci peggiori si trovano in Campania (5), in Sicilia (1), nel Lazio (1), in Puglia (1) e in Toscana (1). Dati da verificare a parte, la classifica rispecchia l’opinione pubblica diffusa. Certo, quando si parla del Federico II di Napoli, il peggiore, non vuol dire che tutti escono orizzontalmente. Ci sono reparti di eccellenza, come quello per la cura di determinati tumori, ma i criteri per la classifica sono numerosi e comprendono anche l’informazione, l’organizzazione, la qualità del servizio, le diagnosi errate, eccetera.
Da quando ci sono queste classifiche si sono notati anche dei progressi. Ad esempio, da anni si denuncia l’eccessivo ricorso ai parti cesarei. Ebbene, essi sono diminuiti del 3% rispetto all’anno precedente. Sull’infarto acuto del miocardio l’ospedale Santa Caterina Novella di Galatina (Puglia) denuncia zero morti, mentre nell’ospedale di Venere (Puglia) la mortalità arriva al 26,1%. Bisogna anche considerare rispetto a quali dimensioni viene fatta la percentuale: se su due interventi c’è un morto, la percentuale sale al 50%, se su 500 interventi a morire sono 10, diminuisce notevolmente la percentuale ma gli interventi sono stati 500 e non due.
Ecco il parere del dott. Francesco Montorsi, direttore scientifico Irccs dell’Ospedale San Raffaele di Milano: “E’ capitato a molti di noi di essere chiamati da altre strutture ma ci siamo detti che il San Raffaele è un posto unico perché esiste una comunione completa tra ricerca e assistenza che non ha eguali in Italia (anche per le apparecchiature d’avanguardia). Il nostro ospedale è un enorme campus con 1300 letti di degenza ma anche di 140 mila metri cubi di laboratori di ricerca”.
Significa che le unità di ricerca collaborano direttamente con i medici, il che vuol dire che le innovazioni prodotte vengono immediatamente applicate. Non per nulla, malgrado i problemi finanziari e la crisi gestionale attraversata negli ultimi anni, il San Raffaele resta il migliore.