Pubblichiamo questo articolo concesso al Corrierepl – Il Corriere Nazionale da Maria Cristina Castellano sulla sua esperienza in Afghanistan
Ho passato questi ultimi tre mesi nel trauma center di Kunduz, una cittadina strategica nel nord dell’Afghanistan, teatro di violenti scontri militari.
Qui le vittime di guerra, per incidenti stradali e di violenza di strada sono all’ordine del giorno, centinaia di pazienti di cui moltissimi sono bambini, vengono curati ogni giorno nel nostro ospedale.
L’imparzialità, l’umanità, l’assenza di pregiudizio e la professionalità, sono la base del nostro soccorso .
Ho lavorato fianco a fianco con personale afghano ed internazionale, persone eccezionali, dedite al lavoro e alla loro gente, come è d’obbligo per ogni medico, ogni paziente che arrivava veniva curato indipendentemente dall’etnia o credo religioso o politico, chiunque avesse bisogno di aiuto veniva assistito, nessuno di noi si ergeva a giudice, facevamo semplicemente il nostro lavoro.
Le difficoltà erano tante, la difficile e instabile situazione politica, la povertà della gente, le continue emergenze che mettevano a dura prova il fisico e l’animo di ognuno di noi. Ma questo non fermava nessuno, anzi ci spingeva a fare sempre meglio.
Essere medici in queste situazioni significa mettere continuamente alla prova se stessi, sia fisicamente che moralmente, lavoravamo continuamente h 24, 7/7 giorni ci confrontavamo con le continue difficoltà di quella gente oramai stremata, siamo medici, ma anche persone che hanno deciso di essere sul campo per aiutare le popolazioni più bisognose e in difficoltà, questo mette l’animo a dura prova.
Il confronto con la cultura del posto e le estreme difficoltà che devono affrontare spesso mi hanno fatto riflettere, spesso chiacchieravo con i miei colleghi afghani e mi piaceva sapere delle loro usanze e tradizioni, del loro punto di vista, dei loro credi, ho ascoltato i loro racconti che a volte si trasformavano in grida di aiuto, ma che rimanevano soffocate, nessuno può aiutarli, si sentono prigionieri di una realtà da cui non c’è uscita. Molti miei colleghi avevano meno di 30 anni, sono nati con la guerra e non hanno mai potuto lasciare il paese, non hanno mai visto e vissuto la pace, erano affranti per questo ed era il loro più grande sogno: LA PACE.
Ogni volta che parlavo con loro il mio cuore piangeva in silenzio.
Oggi dopo questa immensa tragedia, che pone un interrogativo enorme sul dove la (dis)umanità si stia dirigendo, voglio dedicare un pensiero speciale ai nostri pazienti, bruciati vivi nei letti, ai miei colleghi eccezionali: medici, infermieri ed ausiliari ed alle loro famiglie. Grazie per il vostro impegno e dedizione.
Un pensiero speciale al Dr. Satar sempre pronto ad risolvere ogni problema e al Dr. Osmani, persona dal cuore d’oro ed eccezionale medico rianimatore.
Siete morti per quello che eravate: EROI
Maria Cristina Castellano
Medici senza Frontiere in servizio a Kunduz
L`IMPEGNATO
Aveva tanta voglia
di mostrarsi in giro
scrive per diletto
o dir si voglia
ma ci sa fare.
Negli scritti traspare
l’indole d’insegnare
chi ha meno avuto
d’imparare.
Corre veloce la penna
a riempire il foglio
che La Pagina
sta ad aspettare.
Escono strani discorsi
sugli avversari
che a quanto sembra
son poveri di spirito
e d’argomenti
da trattare.
Lui impavido
dalla cattedra
impartisce lezioni
di grammatica e ortografia
(che ben farebbero)
a tanti scrivani nostrani.
Ha la spiccata “indole”
del Don Chisciotte
quando s’avventa
in politica nostrana.
Come un cucù svizzero
puntuale e lesto
con discorsi da..rifare
becca il Renzi nazionale
colpevole di strafare.
Adesso siede tra i saggi
del Comites di Zurigo
dove si spera
dopo tanto parlare
porti nuove idee originali.
Anzioso sto al varco
ad aspettare.
S. Dugo