È sposato e ha tre figli, ha una carriera diplomatica di circa 25 anni alle spalle, con un vasto bagaglio di esperienze raccolte in Pakistan, Argentina, Canada e Francia. Oggi è il nuovo Console Generale d’Italia a Zurigo, ecco chi è Giulio Alaimo
Console Alaimo, che incarichi ha rivestito prima di Zurigo?
Nelle mie precedenti esperienze di lavoro sono stato in Pakistan, come prima sede estera, successivamente sono stato Console generale in Argentina, sono rientrato in Italia e poi ripartito per il Canada, dove sono stato in Ambasciata ad Ottawa. Come ultima esperienza estera sono stato in Ambasciata a Parigi, in Francia. Rientrato in Italia, sono stato vice-commissario generale per l’Expo di Milano fino all’arrivo in Svizzera, un mese e mezzo fa.
Un bel bagaglio di esperienze…
Diciamo un bagaglio diversificato, perché ho fatto molta attività consolare, che continuo a fare qui evidentemente, ma ho avuto anche degli incarichi nel settore economico, che spero di poter continuare a fare anche a Zurigo, perché Zurigo è una realtà in cui è presente una grossa comunità italiana, dunque lavoro consolare, ma è anche un centro d’affari di importanza mondiale e quindi c’è anche questo aspetto che si potrebbe sommare all’attività del Consolato.
Come si è preparato per questo nuovo compito qui a Zurigo?
Bisogna conoscere sul terreno la situazione, la realtà, le caratteristiche della comunità, quindi non c’è stata una preparazione prima di partire, ma c’è un impegno sul campo, oggi, per capire i problemi della nostra comunità.
Si è già potuto fare un’idea della comunità italiana a Zurigo?
In queste poche settimane ho già visitato diverse realtà: sono stato a Lucerna la scorsa settimana e all’incontro della Famiglia Bellunese, che è una delle grosse e più antiche realtà comunitarie, poi ovviamente sono stato alla Casa d’Italia di Zurigo, dove ho inaugurato l’anno scolastico e ho incontrato un altro gruppo di nostri connazionali, i genitori dei bambini e ragazzi che frequentano la scuola. Sto cominciando a conoscere l’ambiente e la comunità.
Quindi la prima impressione com’è?
La comunità di 200.000 e più cittadini, cittadini con passaporto, è una comunità impegnativa in termini numerici, parliamo di una città italiana di media grandezza che è fuori dai confini nazionali e che legittimamente guarda al Consolato come a un punto di riferimento per servizi, ma non solo. Quindi diciamo una comunità molto numerosa e molto vitale.
Ci saranno cambiamenti importanti per gli utenti?
Spero che ce ne siano di positivi, ovviamente. In termini di servizi consolari, tutti mi dicono che sono servizi di qualità, non ho raccolto particolari lamentele, anzi, ho raccolto apprezzamento per quanto fatto.
Non ho nessun merito evidentemente perché sono appena arrivato, quindi eredito una situazione del passato. Il fatto di poter venire in Consolato ed avere il passaporto rinnovato in giornata, nell’arco di un’ora, è una cosa che, credo, abbia pochi paragoni nel mondo in termini di efficienza, ed è una cosa che viene riconosciuta e apprezzata da tutti i nostri connazionali. Non cercherò ovviamente di modificare questo sistema, perché già funziona, quindi da questo punto di vista cercherò di salvaguardare quanto già c’è.
Un aspetto critico di funzionamento dell’ufficio è quello del centralino telefonico, è un problema che non riguarda solamente Zurigo, ma tutti gli uffici consolari del mondo, e che va ricondotto a una carenza di personale. In base alle statistiche, in particolari fasce orarie il centralino registra 400 telefonate in entrata in una sola ora. Ovviamente, in questi casi, o si hanno dieci persone che rispondono solamente al telefono oppure non è possibile rispondere a tutte le telefonate, quindi a fronte di una sola persona che riesce a parlare con il nostro operatore, ce ne sono nove che rimangono in attesa. È un limite obiettivo strutturale del nostro ufficio, come di tutti gli uffici al mondo, perché ci sono troppe telefonate in entrata e non c’è il personale per poter rispondere.
Come si proseguirà, quindi?
Cercheremo di trovare qualche soluzione. Adesso, con il Comites, abbiamo intenzione di organizzare degli incontri, abbiamo degli specialisti, degli ingegneri informatici che possono darci dei suggerimenti, però c’è un problema di fondo: la mancanza di risorse umane per poter dare risposte telefoniche dal Consolato.
Cercheremo di rafforzare il servizio informativo attraverso la pagina web del Consolato, abbiamo attivato un account Twitter e uno Facebook, attraverso i quali cercheremo di dare delle informazioni, ma è evidente che molti connazionali, che non sono abituati all’uso di questi nuovi strumenti di comunicazione, hanno nel telefono il primo strumento per comunicare.
Molti degli utenti che prima si servivano agli altri consolati, ora chiusi, sono stati riversati a Zurigo. Può descriverci il quadro della situazione e come intende provvedere?
Purtroppo non si può sostituire un Consolato chiuso con un altro strumento altrettanto efficace, questo è evidente. Dove c’è stata una chiusura, parliamo ad esempio di San Gallo, nessuno potrà sostituire, in termini di efficienza, un ufficio con uno staff di persone, quindi lì cercheremo di trovare delle soluzioni tampone, per così dire.
Quello che ho intenzione di fare è rivedere e rafforzare la rete dei corrispondenti consolari che dipendono dal nostro Consolato generale, in modo che già un corrispondente consolare ci possa aiutare a gestire sul posto delle situazioni che riguardano i connazionali: ad esempio, a Lucerna c’è un nostro validissimo corrispondente consolare che offre tutto un insieme di servizi all’utenza, mentre quello che non può offrire direttamente lo porta a noi a Zurigo. La prima cosa da fare, anche questa vorrei discuterla con il Comites, è quella di rivedere la rete dei corrispondenti consolari di tutta la nostra circoscrizione, individuare le realtà dove non ce ne sono o non sono sufficientemente preparati, e cercare di costruire una rete più efficiente. Secondo aspetto è quello di poter mandare un nostro impiegato da Zurigo in particolari realtà, con delle missioni giornaliere, in modo tale che possa lui stesso svolgere delle funzioni di servizio in loco.
C’è un problema, sui passaporti ad esempio, perché ormai per i passaporti sono necessari i cosiddetti “dati biometrici”, cioè l’impronta digitale e in una prospettiva la fotografia dell’occhio. Questi provvedimenti servono per rafforzare la sicurezza, ed è evidente che per prendere i dati biometrici bisogna avere delle apparecchiature che sono presenti solamente a Zurigo. Ci sono quindi degli aspetti tecnici da definire. È chiaro che dove c’era un Consolato e adesso non c’è più, quello che noi possiamo fare non avrà mai la stessa efficacia, però cercheremo di rispondere per quanto possibile alle richieste.
I Corsi di lingua e cultura italiana sono un altro punto dolente, come vede la situazione e come, secondo lei, si riesce a trasmettere ai piccoli e ai giovani di oggi la nostra cultura?
Punto dolente in realtà non tanto dolente, perché comunque l’impegno dello stato italiano in questa parte della svizzera è un impegno importante, abbiamo tutto un polo scolastico che è ospitato all’interno della Casa d’Italia di Zurigo, ci sono un asilo e una scuola elementare pubblici, c’è un liceo e c’è una scuola media, entrambi riconosciuti dallo Stato italiano. È una situazione che non è diffusa in giro per il mondo, anzi, sono poche le realtà dove questo è possibile. Poi ci sono altre strutture come il Liceo Artistico, il Liceo Freudenberg, e anche all’interno dell’Istituto Rosenberg c’è una sezione italiana.
Poi ci sono i corsi di lingua e cultura italiana che si svolgono all’interno delle scuole svizzere: anche lì si tratta di corsi finanziati e sostenuti dal governo italiano, in alcuni casi con proprio personale, e raccolgono circa 4.000 bambini. Quindi, esistono vari livelli di intervento: scuole pubbliche, scuole private, sostegno a scuole private e sostegno ai corsi che si svolgono all’interno delle scuole pubbliche.
Ovviamente non basta, nel promuovere la lingua e la cultura italiana c’è da fare sempre di più, perché in passato si faceva di più, perché c’erano più docenti e più risorse finanziarie. Oggi, purtroppo, la finanza pubblica italiana non ci consente più quello che ci consentiva prima, ma io continuo a credere che quanto stiamo facendo oggi sia ancora molto utile. Poi è chiaro che solamente l’insegnamento dell’italiano all’interno dei corsi potrebbe non bastare: è molto importante non solo il ruolo delle istituzioni, ma anche il ruolo delle famiglie.
Il mio non è solamente un impegno personale affinché da parte delle istituzioni ci sia sempre una maggiore efficienza, ma è un invito alle famiglie a mantenere viva la lingua italiana nella conversazione famigliare. Bisogna lavorare tutti insieme! Non si può solo dire che le istituzioni non fanno abbastanza, sicuramente non fanno quanto sarebbe necessario, però ciascuno deve fare la sua parte per garantire poi un risultato, che è quello di sostenere la nostra lingua e la nostra cultura.
Messaggio ai lettori de La Pagina…
Cercherò di essere sinceramente interprete delle loro esigenze e delle loro richieste, cercherò per quanto mi sarà possibile di frequentare la vita dell’associazionismo della realtà comunitaria, sia perché mi fa piacere sia perché dovendo rispondere a delle loro esigenze voglio capirle da loro.
Manuela Salamone