Solo a Roma si celebrano cinque matrimoni al mese tra persone con una differenza di età superiore ai 40 anni, in Italia circa cinquanta
Sarà la solitudine, sarà che tira più una ventottenne in salita che cento buoi in discesa, sarà anche la nostalgia dei vent’anni, fatto sta che Giuseppe – nome di comodo di un novantenne romano – alla fine si è deciso al grande passo. Con la sua bella Eva, dopo pochi, sbrigativi preparativi, con al seguito uno stuolo di parenti di lei, si è recato al V municipio di Roma ed ha impalmato con tutti i crismi della legge la sua dolce metà, pensando sicuramente alle imprese che lo avrebbero tenuto occupato quella stessa notte.
Lui, è vero, aveva novant’anni, ma si sentiva in forma, soprattutto dopo che aveva conosciuto quell’amore di ragazza, così bella, ma soprattutto così dolce e buona. Sì, buona è l’aggettivo esatto, era sempre gentile, dal primo giorno in cui era diventata la sua badante, lui che alcuni anni prima aveva cominciato ad avere qualche défaillance di memoria e dunque come tanti aveva fatto ricorso all’aiuto di una donna dell’Est. In fondo, lui i soldi ce li aveva, non era ricchissimo, ma oltre ad avere una discreta sommetta di risparmio, possedeva la sua casa a Roma, che valeva un patrimonio.
Eva, dunque, dal primo momento in cui aveva preso servizio si era dimostrata un amore, svolgeva il suo lavoro con gioia e con grazia, mentre mangiavano gli metteva la sua bella mano sulla sua, nodosa e attempata, gli dava un pizzicotto carino sulla guancia e poi, quello che incantava Giuseppe era quel suo bel viso incastonato su un corpo giovane e sensuale che Eva avvicinava al suo come per dire: ti piaccio?
Eccome se gli piaceva. Da quando in casa sua c’era Eva, sembrava che avesse almeno vent’anni di meno, tanto che la sera non aveva voglia di rimanere in casa a guardare la tv o ad andare a letto presto. Dopo due o tre giorni che Eva stava in casa sua, una sera glielo disse: vogliamo andare a fare una passeggiata? Eva gli aveva risposto subito di sì, come se si attendesse quella domanda. Uscirono e andarono a fare un giro; lei era molto premurosa, lo tenne tutto il tempo sottobraccio e ogni tanto gli chiedeva se non era stanco.
Macché stanco, si diceva Giuseppe, con te potrei scalare il K2. L’ultima volta che era stato a contatto con una donna dovette essere una trentina di anni prima, quando ancora era viva sua moglie, ma vuoi mettere, pensò Giuseppe, mia moglie anziana e mezza sciancata e questa bella ragazza che lo guardava sempre, come affascinata. Vuoi vedere, si disse Giuseppe, che… ma no, non può essere, io ho novant’anni e lei è poco più di una ragazzina. Sarà il caldo che mi fa quest’effetto, anche se… A casa Eva, tutta spumeggiante, lo aveva aiutato a togliersi la giacca e le scarpe e lo aveva accompagnato in camera, raccomandandogli di mettersi a letto e di chiamarla per vedere se tutto era in ordine e per spegnere la luce, come avrebbe poi fatto sempre ogni sera. Lei, dunque, sempre gentile e premurosa ma con una disponibilità che mandava in tilt Giuseppe.
Beh, insomma, nei giorni e nei mesi successivi a Giuseppe parve di star vivendo una favola. Lui un po’, magari un po’ troppo maturo e lei un po’ troppo giovane, ma come si dice, l’amore è cieco. E poi lei era povera, in caso di matrimonio, un giorno avrebbe lasciato tutto a lei e avrebbe fatto anche un’opera di misericordia. Lei, d’altra parte, era gentile, un angelo, si avvicinava ma poi si ritraeva, non forzava.
Per farla breve, Giuseppe le propose di sposarlo. Eva ci pensò un attimo, poi gli accarezzò la mano e gli diede anche un timido bacio sulla guancia e alla fine rispose di sì. Giuseppe cercò di allungare la manina, ma Eva lo fermò, con molto tatto. “Dopo il matrimonio”, rispose, non si fanno certe cose quando non si è marito e moglie.
Ci si può immaginare con quanto furore Giuseppe fece i preparativi del matrimonio, con pranzo al ristorante con i parenti di lei.
Ecco, il seguito lo racconta Giuseppe stesso, ai carabinieri: “(…) Appena siamo usciti dal municipio, mia moglie ha cambiato subito atteggiamento. Non era più la ragazza affettuosa che conoscevo, era sgarbata e mi guardava storto. Appena ci siamo seduti al tavolo del ristorante, Eva e i suoi parenti hanno cominciato a prendermi in giro, ridacchiavano tra di loro e neppure mi rivolgevano la parola. Alla torta non siamo neppure arrivati, perché dalle risatine sono passati agli insulti e agli sputi. Mi hanno umiliato senza motivo. Ho capito troppo tardi di aver sbagliato, ma voglio rimediare subito, non posso certo convivere con questa gente, mi fanno paura, meglio stare da solo. Per questo voglio strappare i documenti del mio matrimonio”. Ora del caso si occupano i carabinieri e speriamo che al nostro Giuseppe vada bene. Anche se serve a poco, Giuseppe si può consolare pensando che non è né l’unico e certamente nemmeno l’ultimo gonzo. Solo a Roma ogni mese si celebrano 5 matrimoni con una differenza di età di 40 e anche più anni, in tutta Italia la cifra va decuplicata.
Bastava dire di no.