L’impronta ecologica misura il consumo di risorse e di prestazioni naturali espresso in unità di superficie («ettari globali») che sarebbero necessarie per rigenerare le stesse risorse e prestazioni. L’impronta ecologica misura la superficie ecologicamente produttiva necessaria per soddisfare i bisogni e smaltire i rifiuti di una regione, un Paese o dell’umanità intera e fornisce informazioni in valore assoluto altamente aggregate che descrivono il carattere sostenibile, o meno, dell’utilizzazione delle risorse naturali.
L’impronta della Svizzera è quasi quattro volte superiore alla sua biocapacità
Nel 2011 essa misurava 4,9 ettari globali pro capite, mentre la biocapacità del nostro Paese ammontava solo a 1,4 ettari globali pro capite.
Il nostro consumo di energia incide fortemente sulla nostra impronta ecologica
Il 66% dell’impronta è imputabile al consumo di energia fossile. Tale componente dell’impronta ecologica ha registrato il maggiore incremento negli ultimi decenni. Un altro elemento importante è costituito dal nostro fabbisogno di superfici arabili, foreste e prati naturali, che rappresenta il 30% dell’impronta ecologica totale.
Viviamo a spese di altre regioni del mondo e delle generazioni future
Lo squilibrio tra l’impronta ecologica della Svizzera e la sua biocapacità esiste da diversi decenni, ed è in continua crescita. Questo modo di vivere è possibile solamente grazie all’importazione di risorse naturali e allo sfruttamento dei beni globali comuni (come l’atmosfera). Esso non è però sostenibile, perché il consumo svizzero pro capite è quasi tre volte superiore alle risorse e prestazioni ambientali disponibili sul pianeta per persona (1,7 ettari globali).
Consumiamo il capitale naturale della Terra più rapidamente di quanto essa possa rigenerarsi
Nel 2011 l’impronta ecologica mondiale pro capite superava di 0,9 ettari globali la biocapacità mondiale disponibile per persona. L’impronta pro capite della Svizzera si situava nella media dei paesi dell’Europa occidentale. Stati Uniti, Canada, Australia, Kazakistan, alcuni paesi del Golfo, e alcuni paesi europei consumavano più di 3 volte la biocapacità mondiale disponibile, mentre i paesi del subcontinente indiano, dell’Asia sud-orientale e dell’Africa ne consumavano nettamente di meno (si veda la carta del mondo riportata di seguito).
L’impronta ecologica non misura tutto
L’impronta ecologica considera solamente una parte della dimensione ambientale della sostenibilità, senza tenere conto della dimensione sociale e di quella economica. L’impronta misura i flussi di risorse naturali ma ne ignora gli stock. Altri aspetti non considerati sono la distruzione di ecosistemi o di risorse naturali rinnovabili e non rinnovabili, la perdita di biodiversità, il consumo di acqua dolce o l’inquinamento dovuto ai metalli pesanti o alle emissioni di inquinanti difficilmente degradabili. L’impronta ecologica, insomma, non è un indicatore completo della sostenibilità.
Uno studio pubblicato nel 2006 dagli uffici federali di statistica (UST), dello sviluppo territoriale (ARE), dell’ambiente (UFAM), e dalla Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) ha esaminato il metodo del Global Footprint Network per l’impronta ecologica della Svizzera. Questo studio ha anche permesso di confrontare i dati del Global Fooprint Network, provenienti da fonti internazionali (principalmente delle Nazioni Unite), con i dati della statistica pubblica svizzera. I risultati dimostrano un’eccellente concordanza tra queste fonti di dati.
Il metodo del Global Footprint Network è stato sviluppato sulla base delle raccomandazioni presentate in questo studio e sui rapporti stilati da altri Paesi. Il Global Footprint Network pubblica annualmente dati aggiornati sull’impronta ecologica e la biocapacità della Svizzera e di altri 150 Paesi.