Il dicembre nero di Obama si è fatto meno buio, perché è riuscito a vincere le resistenze della fronda democratica contro l’accordo con i repubblicani, necessario, dal momento che questi ultimi alla Camera sono riusciti ad avere la maggioranza.
Per governare, bisogna dunque aggiustare il tiro e trovare un compromesso. All’inizio, sulle tasse e sul servizio militare agli omosessuali c’è stato il no di un gruppo di democratici ostili al Presidente perché ritengono troppo gravoso l’accordo, ma poi il mal di pancia si è fatto meno doloroso ed allora ecco che passano sia i tagli fiscali per tutti che il servizio militare per gli omosessuali. Obama respira.
Chi non respira o lo fa a fatica è il Giappone, che in sostanza ha detto al mondo: basta con la Costituzione pacifista uscita (e imposta dai vincitori) dalla seconda guerra mondiale, una disfatta per il Sol Levante.
Per sessant’anni la Costituzione ha avuto un’impronta pacifista, ma ora tutto sta cambiando. Nel 2009, a vincere le elezioni fu il partito democratico di Yukio Hatoyama, che sbaragliò i liberali.
Uno dei punti del cambiamento fu l’emancipazione da Washington, con un ponte verso la Cina e con l’avversione verso la base americana di Futenma. Hatoyama ha dovuto cedere il passo a Naoto Kan, nuovo premier (vedi foto), e nel frattempo c’è stata una svolta di 360 gradi.
È stato annunciato un nuovo piano di difesa nazionale – le nuove Linee guida – che consiste in un budget di 280 miliardi di dollari in 5 anni per potenziare la sicurezza nazionale.
In particolare, si prevede il potenziamento delle forze armate di autodifesa, il potenziamento delle forze aeree e marittime, il raddoppio delle basi antimissilistiche (da 3 a 6), l’incremento dei sottomarini da 16 a 22, più caccia ed altre armi.
Come mai la svolta? La risposta la dà il premier Naoto Kan: “Abbiamo messo a punto una politica di difesa più appropriata per la nuova èra e per il difficile ambiente in cui gravita la sicurezza nazionale”. Come si sa, la Corea del Nord e la sua smania di conquista preoccupano molto il Giappone.
È vero che gli attacchi e gli sconfinamenti sono avvenuti ai danni della Corea del Sud, ma è anche vero che si tratta di un Paese che non è fattore di stabilità, ma di grosse tensioni per tutta la regione. Ora, il regime della Corea del Nord gode del favore della Cina, dunque, non si può rimanere inerti. Ma c’è di più.
È la stessa Cina a suscitare le maggiori preoccupazioni. I fattori sono tanti. In primo luogo lo sviluppo della potenza cinese dal punto di vista economico e militare; in secondo luogo, l’espansionismo cinese all’estero, in modo particolare in Africa e anche in Medio Oriente (l’occhio strizzato all’Iran) e nell’America Centro-meridionale; in terzo luogo, la politica aggressiva dei cinesi.
A settembre il peschereccio cinese è stato fermato alle isole Senkaku, che appartengono al Giappone ma che Pechino rivendica come proprie. In questo quadro, dicono i giapponesi, restare fedeli alla Costituzione pacifista risalente all’immediato dopo guerra e imposta dagli Usa, significa rinunciare all’indipendenza. Dunque, soldi alla difesa, perché i tempi possono cambiare rapidamente.
Ecco il commento del premier giapponese alle Linee guida: “La Cina sta rapidamente ammodernando le sue forze militari ed ampliando le sue attività nelle acque circostanti; queste tendenze rappresentano una grave preoccupazione per la regione e per la comunità internazionale, soprattutto se alla questione della sicurezza si aggiunge la mancanza di trasparenza dell’apparato militare cinese”. Di qui, la rottamazione di un terzo degli inutili carri armati progettati in funzione antisovietica e i sostanziosi investimenti in armi più moderne.
Contemporaneamente all’ammodernamento dell’apparato militare c’è stata un marcia indietro anche rispetto alle alleanze. La paura del velenoso avversario cinese ha fatto pendere la bilancia di nuovo verso gli Usa, ritenuti un fattore di equilibrio da una parte e dall’altra una difesa contro gli assalti degli avversari (quella con gli Usa “resta un’alleanza irrinunciabile per la sicurezza e la pace del Giappone”).
Ovviamente, la risposta di Pechino non si è fatta attendere ed è di tenore diverso e speculare. Da una parte, la Cina per bocca della portavoce degli Esteri ha giudicato “irresponsabili” le posizioni giapponesi, dall’altra afferma che “lo sviluppo cinese ha offerto grandi opportunità anche al Giappone”.
È cominciata la corsa alle alleanze, con il Giappone che guarda al Sud-Est asiatico, all’India e all’Australia, e la Cina che rilancia il rapporto con il Pakistan.
Decisamente, tra Medio Oriente e Oriente le crisi non mancano.
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