Ha spento ben settanta candeline lo scorso 25 aprile Al Pacino, megastar colpevole, se può esserlo un attore, di essere capace di interpretare un sincopato Padrino come un credibile Riccardo III, facendo convivere, con evidenti contaminazioni, recitazione teatrale e cinematografica.
Una cosa questa che non sempre mette d’accordo tutti. Allievo della prima ora dell’Actor’s Studio, Al Pacino ha attualmente al suo attivo otto candidature, ma un solo Oscar per il remake di ‘Profumo di donna’.
Tre volte mitico ‘Padrino’ per Coppola, l’attore ha esordito da protagonista come piccolo spacciatore in ‘Panico a Needle Park’ film del 1971 diretto da Jerry Schatzberg, ma è stato poi anche grande spacciatore e gangster nel barocco remake di ‘Scarface’ e, infine, trafficante di eroina in ‘Carlito’s Way’, entrambi firmati da Brian De Palma.
Capace anche ovviamente di stare dall’altra parte della legge, Pacino – che ha avuto tra le sue molte fiamme Jill Clayburgh, Marthe Keller, Diane Keaton e Penelope Ann Miller – è stato Serpico, poliziotto con spinone al seguito, ma anche l’agente dell’Fbi Donnie Brasco, nonché l’avvocato idealista e tutto di un pezzo di ‘E giustizia per tutti’ e il detective Vince Hanna di ‘Heat-la sfida’, dove per la prima volta divise lo schermo col grande rivale Robert De Niro.
Alfredo James Pacino, questo il suo nome per intero, nasce il 25 aprile 1940 a New York, nella zona di East Harlem da genitori di origine siciliane, di Corleone. Il padre Sal, agente assicurativo, abbandona la madre Rose quando Al aveva solo due anni e il piccolo si trasferisce, con la madre e i nonni, nel Bronx. A tre anni il gioco preferito di Al era, a detta di tutti, recitare per il nonno.
I primi anni della vita sono difficili anche per l’estrema povertà della famiglia. A scuola non è certo il migliore della classe, ma eccelle per le sue straordinarie capacità di attore. Al si iscrive così alla High School of Performing Arts di New York City, ma a diciassette anni la abbandona, va via di casa e inizia a cercare lavoro come attore.
Negli anni successivi esercita molti mestieri tra cui fattorino, operaio e traslocatore, ma continua sempre a sviluppare le proprie capacità di recitazione frequentando l’Actor’s Studio di Lee Strasberg e l’Hebert Berghof Studio.
Durante gli anni sessanta Al Pacino lavora in teatro, partecipando a spettacoli di vario genere, da quelli per bambini alle produzioni di Broadway. Il successo, arrivò con il primo ingaggio hollywodiano, grazie al personaggio di Michael Corleone ne Il Padrino, il ruolo per cui è ancora oggi conosciuto dai più. “Ho fatto quattro provini per quella parte – racconta Pacino – non volevano prendermi perché non avevo esperienza. Anche Francis Ford Coppola, che mi aveva chiamato dopo avermi visto recitare a teatro, cominciava ad avere qualche dubbio. Alla fine però mi ingaggiarono”.
Il film ebbe un enorme successo e diede il via ad una serie di personaggi cult interpretati da Al Pacino ed entrati nella storia del cinema: dal mafioso cubano Tony Montana in Scarface al poliziotto italoamericano Frank Serpico in Serpico, passando per Carlito Brigante in Carlito’s way e Benjamin Ruggiero in Donnie Brasko. Tutti in qualche modo legati all’Italia.
“Sono cresciuto nel Bronx dove in realtà gli italiani erano pochi. Ma il mio legame con l’Italia è sempre stato molto forte, in passato ci venivo spesso per prendermi un momento di relax”. E dal sapore italiano è l’unico Oscar vinto da Pacino nel 1992 con Profumo di Donna, remake della pellicola omonima del 1974 con Vittorio Gassman. “Mia madre Rose adorava i film e il teatro italiano e mi ha insegnato ad amarli. Quando vinsi l’Oscar non avevo ancora visto il film originale, ma dopo lo feci. Un pezzo del mio Oscar era anche di Gassman”.
Tra i più convinti scapoli d’oro di Hollywood, Al Pacino ha una figlia, Julie Marie, nata nel 1989 dalla relazione con l’insegnante di teatro Jan Tarrant, e due gemelli Olivia e Anton di nove anni, avuti dall’attrice Beverly D’Angelo.
“Tutti pensano che gli attori sono dei bugiardi. Si dice: ‘smettila di recitare’. Ma io credo che si reciti solo nella vita, mentre nell’arte si persegue solo la verità”: ecco una sua pillola di saggezza a chiusura dell’incontro all’Auditorium alla terza edizione del Festival Internazionale del Film di Roma nell’ottobre 2008.