L’ambasciata iraniana in Italia ritiene “inaccettabile” la verità di Alì Agca su Khomeini mandante dell’attentato, non creduto nemmeno dal Vaticano
Sta facendo discutere il libro autobiografico scritto da Alì Agca, l’ex “lupo grigio” che il 13 maggio del 1981 sparò in Piazza San Pietro a Giovanni Paolo II ferendolo gravemente ma senza ucciderlo, come invece era nelle sue intenzioni. La verità di Alì Agca è stata esplosiva. Lui fu chiaramente l’esecutore di un attentato, ma il mandante venne ipotizzato essere i servizi segreti della Bulgaria o di un altro Paese dell’Est, che avrebbe agito per conto dell’Unione Sovietica, l’unica a poter trarre vantaggio dalla morte del Papa polacco. Il quale, appunto, una volta sul soglio di San Pietro avrebbe potuto incoraggiare i suoi connazionali alla rivolta contro il regime comunista polacco e quindi contro il regime sovietico, come in effetti fu.
La “verità”, dunque, di Alì Agca è completamente diversa e lui sostiene che il Papa polacco ne fosse pienamente al corrente per la semplice, buona ragione che fu proprio lui a raccontargliela in un colloquio a due nella prigione di Rebibbia, dove lui era stato rinchiuso e dove il Papa andò a fargli visita il 27 dicembre del 1983. Prima di raccontargli i fatti e i nomi, Alì chiese al Papa la sua parola d’onore che non avrebbe raccontato a nessuno quello che stava per dirgli e il Papa diede la sua parola d’onore, che poi mantenne per tutta la sua vita.
Ora, Alì Agca, scontate tutte le pene, è tornato uomo libero ed ha raccontato, appunto, la sua “verità”: a dirgli di andare ad uccidere Giovanni Paolo II fu Khomeini, la guida religiosa iraniana che cacciò nel 1979 lo Sciah di Persia, Reza Fhalevi, e instaurò una Repubblica Islamica, tuttora in vita. Che interesse aveva Khomeini ad uccidere il Papa? Ce l’aveva, eccome, perché lui lo considerava l’incarnazione di Satana. E fin qui, potrebbe anche passare. Il fatto è che Khomeini riteneva che il 13 maggio 1917 ad apparire a Fatima non fosse stata la Madonna, ma Fatima, la figlia prediletta di Maometto, che, riferendosi alla conversione, indicasse quella all’Islam. Dunque, Giovanni Paolo II era un ostacolo alla marcia trionfale dell’Islam, perciò andava eliminato. In un colloquio a due, Khomeini avrebbe dato l’incarico ad Alì Agca – in quei mesi rifugiato in Iran – il quale, poi, subito dopo l’attentato, avrebbe dovuto togliersi la vita. Il suo premio sarebbe stato il Paradiso.
La tesi di Alì Agca viene ritenuta una bugia dall’ambasciata iraniana in Italia. La notizia “è inaccettabile” e “ferisce profondamente la sensibilità del popolo iraniano”. La presa di distanza dell’ambasciata iraniana in Italia è comprensibile, non lo è, invece, quella del portavoce del Vaticano, padre Lombardi, che in una nota afferma che nel carcere di Rebibbia non ci fu un colloquio segreto tra il Papa e Alì Agca, e porta la testimonianza del cardinale Stanislao Dziwisz che, appunto, lo nega. In realtà, le immagini televisive mostrano per davvero il Papa e Alì Agca l’uno di fronte all’altro, senza nessun altra persona vicina. Su questo, sembra che abbia ragione l’ex “lupo grigio”, come avrebbe ragione anche sul fatto che il cappellano del carcere di Rebibbia, il giorno prima del 13 maggio del 1984, gli preannunciò che il Papa l’indomani all’Angelus in Piazza San Pietro avrebbe invitato alla conversione, riferendosi a lui.
Vittorio Messori afferma che la tesi di Agca è “credibile”, ma, ovviamente, non si può dire che Alì Agca dica la verità, per la semplice ragione che nessuno può interrogare né il Papa deceduto (a meno che non abbia lasciato qualche appunto segreto), né Khomeini, che comunque negherebbe tutto sdegnosamente. Altri testimoni non sembrano essercene, a parte, forse, chi lo introdusse (o l’avrebbe introdotto) davanti a Khomeini. In questo caso, non si caverebbe ragno dal buco, anche perché chi testimoniasse la verità di Alì Agca sarebbe sicuramente condannato a morte perché farebbe di Khomeini, la Suprema Guida religiosa di quegli anni, un miserabile assassino. A detta di Alì Agca, Khomeini avrebbe dato comunque “mille ordini di morte”.
Non resta, dunque, che prendere atto di questa nuova verità e sperare che in futuro emergano altre testimonianze a favore o contro, con qualche particolare in più, in modo da confermarla o smentirla. Intanto, la discussione giova alla vendita del libro, che certamente non dispiacerà ad Alì Agca.