Il leader di Ennahda, il partito al governo in Tunisia, propone una coalizione di governo di cinque o sei partiti
Aria di schiarita in Tunisia, uno dei tre Paesi del Nord Africa che è stato teatro della “primavera araba” un paio di anni fa, quando Ben Alì, visto il mancato appoggio dell’esercito, fuggì in Arabia Saudita in seguito alle proteste popolari. Da allora, il partito che ha vinto le elezioni, Ennahda, che raggruppa musulmani moderati e anche meno, governa con due partiti laici che in realtà contano pochissimo ma fanno da alibi alla gestione poco democratica del potere in Tunisia. Tra lotte e contrasti, soprattutto grazie ad un’opposizione che si sente delusa dall’evolversi della situazione, si è arrivati al 6 febbraio, quando il capo dell’opposizione laica, Chokri Belaid, è stato barbaramente assassinato. La moglie ritiene Ennahda, il partito al governo, responsabile della morte del marito. All’indomani dell’omicidio, è divampata di nuovo la protesta popolare, che il governo ha avuto difficoltà a dominare.
Siccome le proteste durano da tempo e siccome non si può governare con il caos, il premier Hamadi Jebali propone un governo di unità nazionale per indire nuove elezioni. Si è trattato di un passo verso i manifestanti con l’intento di placare gi animi e la piazza. Il leader di Ennahda, Rachid Ghannouchi, si è opposto, ma le proteste sono continuate in maniera ancora più minacciose. Allora Hamadi Jabali si è dimesso per dare l’esempio.
Ecco cosa aveva dichiarato il leader di Ennaha, Rachid Ghannouchi: “Ennahda non lascerà mai il potere finché avrà la legittimità delle urne”. Ebbene, nei giorni scorsi la retromarcia. Non solo ha lasciato il potere, ma ha nominato Alì Larayedh, ex responsabile del ministero degli Interni quando capo del governo era Hamadi Jabali, nuovo premier con il compito di formare un nuovo governo concedendo i ministeri chiave (Esteri, Interni, Giustizia e Difesa) a personalità indipendenti. Quando si dice la prontezza di riflessi. C’è di più: Ghannouchi ha aperto al sostegno di 5-6 partiti a dimostrazione della cornice democratica entro cui si muove lui e Ennahda.
Non c’è dubbio che la proposta potrà avere il merito di sbloccare una situazione che altrimenti rischia di degenerare in scontri violenti. Le opposizioni accusano Ennahda e i suoi leader di non aver protetto la democrazia, anzi, di aver apertamente fomentato odi e contrasti, al punto che Ennahda viene espressamente accusata di essere dietro l’uccisione di Chokri Belaid. Il nuovo premier ha annunciato che sono stati operati degli arresti negli ambienti religiosi estremisti che potrebbero essere gli esecutori dell’omicidio. Dal canto suo, la vedova Basma Belaid, senza nemmeno un’ombra di esitazione, ha chiesto che oltre agli esecutori dell’assassinio di suo marito dovrebbero essere cercati i mandanti.
C’è da dire che sono gli ambienti religiosi più conservatori ad aver organizzato l’attacco all’ambasciata americana Tunisi, dunque non sarebbe la prima volta che le frange estremiste approfittano dei contrasti per regolare i conti con gli avversari.
Però, è indubbio che la mossa di Ghannouchi va verso la distensione degli animi. Se ci riuscirà, se i diversi partiti cesseranno di ricorrere alle proteste violente e all’incomunicabilità, ma si metteranno d’accordo su un percorso condiviso, avrà sicuramente reso un buon servigio alla Tunisia e alla pacificazione nazionale, ponendosi anche come esempio per gli altri due Paesi, l’Egitto e la Libia, ancora alle prese con pregiudizi e diffidenze.