L’ex segretario della Cgil ha accettato di fare il segretario dl partito “per spirito di servizio”
All’inizio doveva essere un comitato di garanti fino al congresso o un segretario a tutti gli effetti, poi c’è stata la sintesi: segretario ma traghettatore. I nomi erano Cuperlo e Epifani, poi sono spuntati Anna Finocchiaro, Vannino Chiti e Piero Fassino. Su Anna Finocchiaro è stato messo il veto da parte di Franceschini, Vannino Chiti è stato tagliato fuori dai giochi, Fassino si è ritirato, Cuperlo era troppo espressione del gruppo dalemiano, sospettato di aver negato il voto a Prodi, e comunque a lui non interessava essere segretario traghettatore con l’impegno a non candidarsi al congresso: ecco, restava Epifani, a cui tutti hanno espresso sostegno, ed Epifani è stato. L’ex segretario generale della Cgil, successore di Cofferati, è diventato il nuovo Segretario del Pd, a tempo, o almeno così sperano in molti.
Perché proprio Epifani? I motivi sono tanti. Senza che l’elenco sia una classifica per importanza, diciamo che Epifani, l’unico socialista passato tra gli ex comunisti dei Ds, è sufficientemente ancorato alla sinistra da meritare il voto di Bersani e di D’Alema, ma si era contemporaneamente e apertamente schierato per il dialogo e per un governo Pd-Pdl, che era l’unico, sulla carta e nella realtà, in grado di governare e fare le riforme necessarie. Queste posizioni di apertura, provenienti tra l’altro da uno che durante il governo Berlusconi non gli aveva fatto sconti in termini di opposizione e di scioperi, gli garantivano anche una benevolenza da parte di tutti gli altri gruppi. Infatti, nella fase di preparazione all’Assemblea nazionale di sabato, lo stesso Epifani ha detto di aver ricevuto messaggi da parte di tutti. Ha detto: “Ho parlato con tutti, ho ricevuto sms da tutti. Ho sentito Walter Veltroni, Orfini, ovviamente Bersani. Mi ha chiamato la Binti. E ho ricevuto un sms da D’Alema di appoggio. E’ stato impressionante il numero di persone che ha voluto farmi sapere che tutto andava bene, che c’era bisogno di me…”.
Forse la spiegazione di tanto sostegno risiede nel carattere del personaggio. Le sue dichiarazioni esprimono bene il suo profilo politico e caratteriale: “Io ho accettato per spirito di servizio, del resto lo sapete come sono fatto. Non ho posto nessuna condizione… ma nemmeno me le hanno poste, a dire il vero. Da subito ho pensato che l’unica strada potesse essere quella dell’accordo con il Pdl per un governo. E detto da me, che ho fatto ore ed ore di sciopero contro Berlusconi … avrà un senso che non è l’inciucio. Adesso questa è l’unica chance che abbiamo e non possiamo sprecarla per giochetti di partito o interessi personali. Il governo è la nostra strada: se saremo in grado di dimostrare che riusciamo a fare qualcosa per gli italiani, ci risolleveremo”.
Epifani garantirà l’appoggio formale del partito al governo, ma il suo “spirito di servizio” garantisce anche i vari gruppi che resterà fino al congresso. Non era concepibile un segretario contrario al governo, perché il governo non avrebbe avuto nessuna credibilità, a Letta non sarebbe restato che rassegnare le dimissioni, ma non sarebbe stato accettato da tutti o da una maggioranza qualificata nemmeno se Epifani non si fosse messo al servizio del partito per un tempo stabilito, fino al mese di ottobre.
Che nel Pd tiri un’aria non bella per il governo Letta, ormai non è un mistero. Ecco il tenore della dichiarazione di Rosi Binti: “Posso fare lo sforzo di sostenere il governo Letta ma non mi si può imporre la retorica pacificazione imposta da Brunetta e da tutti gli altri. Non accetto che per fare politiche insieme al centrodestra mi si imponga la categoria della pacificazione e del riconoscimento reciproco”.
Per il centrodestra è lecito domandarsi qual è lo spirito che anima il governo se i primi a non volerlo sono quelli che dovrebbero sostenerlo. Una dichiarazione di scetticismo può essere anche giustificata se a farla è Rosi Binti, ma che la faccia lo stesso presidente del Consiglio Enrico Letta, francamente è incomprensibile. Ecco quello che ha dichiarato Letta all’Assemblea nazionale del Pd: “Sento l’eccezionalità di questo momento, la sento profondamente sulle mie spalle (…) questa eccezionalità ci ha portato in un governo che non è quello per il quale io ho lottato e quindi non è il mio governo ideale e nemmeno il mio presidente del consiglio ideale”. Insomma, a Letta non piace il governo Letta. Uno può anche pensarlo, ma dirlo ci sembra poco accorto.
Matteo Renzi è stato il più coerente e anche il più corretto. Dopo aver criticato gli errori commessi da Bersani (“Abbiamo iniziato a perdere quando abbiamo iniziato a respingere ai seggi le persone che venivano con il certificato medico”), il sindaco di Firenze all’Assemblea nazionale ha detto: “Il governo è guidato da noi, è un governo che ci tocca; ma o lo subiamo o lo sosteniamo con le nostre idee. Se lo subiamo regaliamo un altro calcio di rigore a Berlusconi”.
Se confrontiamo le dichiarazioni di Renzi e di Epifani, ci si accorge che esse vanno nello stesso senso: di qui il sostegno reale e leale di Renzi a Epifani. Il quale è caratterizzato da spirito di servizio, ma è anche debole, sia perché è solo un traghettatore, sia perché la sua forza consiste nella sua debolezza, e quindi va bene per un periodo determinato. Tuttavia, cammin facendo, la sua “debolezza” può diventare la sua forza e magari il cammino potrà essere più lungo del previsto.
Si vedrà ad ottobre, al congresso, quale sarà stato il risultato della resa di conti tra i vari gruppi e chi sarà il vincitore. Da lui dipenderanno le sorti del governo Letta, ammesso che l’altro piede, il Pdl, non decida altrimenti se i punti concordati, in primis l’abolizione dell’Imu sulla prima casa, non saranno rispettati.