Emigrazione “di ritorno”, una nuova realtà che regala incontri ed esperienze uniche che imprimono ancor di più l’Italia nel cuore dei nostri connazionali
Come insegnante dei Corsi di lingua e cultura italiana mi occupo fin dall’anno scolastico 2007/08 dei ragazzi delle scuole medie preparandoli alle certificazioni, che consentono loro di accedere al mercato del lavoro o agli studi superiori con un diploma che attesta le loro conoscenze linguistiche.
In classe dunque lavoriamo molto in questo senso, facendo simulazioni di prove scritte ed orali, così da allenare i ragazzi ad affrontare adeguatamente le prove, sia dal punto di vista emotivo che tecnico-linguistico. Leggendo i testi dei nostri ragazzi, scorrono sotto i nostri occhi le immagini ed i pensieri, le trepidazioni e le nostalgie dei nostri alunni e delle loro famiglie, emigrate in Svizzera tanti anni fa. Da quando è iniziata l’attuale crisi economica, capita anche di incontrare nei nostri Corsi ragazzi provenienti da famiglie che emigrano “di ritorno”. Sono infatti ragazzi di terza generazione, nati in Svizzera nei primi anni 2000. I loro genitori sono riusciti a tornare in Patria, insieme a loro, quando ancora erano piccoli, realizzando i desideri dei loro stessi genitori, i nonni di questi ragazzi. Con sacrifici si sono costruiti una casa al paesello natio e hanno trovato un lavoro o creato un’attività, ma soprattutto hanno scolarizzato i propri figli nella scuola italiana. Nel giro di pochi anni però ecco che la recente crisi economica li spinge tristemente ad abbandonare di nuovo il proprio Paese ed a ritornare in Svizzera, dove fortunatamente riallacciano e rinfrescano legami di amicizia e parentela e anche di lavoro. I ragazzi per fortuna ritrovano anche la scuola italiana: i nostri Corsi, dove possono trovare un importante frammento della loro scuola lasciata in Italia.
Ecco come il mio alunno Remo Panarese, in un tema di preparazione agli esami di certificazione, ricorda un professore della scuola media del suo paese d’origine, Specchia (Lecce).
Prof. ssa Dagmar Krause
Insegnante MAE dei Corsi di Lingua e Cultura Italiana di Berna
————————————
Ho vissuto in Italia per circa 10 anni. Sono nato infatti a Berna nel 2000 e avevo solo due anni quando tutti noi siamo tornati a vivere in Puglia, a Specchia, in Provincia di Lecce.
Quando si vive così tanto tempo in una nazione meravigliosa come l’Italia, ci sono tanti ricordi che rimangono impressi. Se qualcuno mi dovesse chiedere, quale persona in particolare io ricordi con piacere e nostalgia, avrei la risposta pronta: il professor Giovanni Maggiore, il mio professore di matematica delle medie.
Proprio un professore come tutti dovrebbero avere, un esempio di professore perfetto, tanto che quando riesco a fare progressi in matematica, mi capita spesso di pensare a lui con gratitudine, perché è anche merito suo.
È lui che ci ha appassionato alla matematica con mille splendide lezioni, dicendoci di non perdere mai il coraggio. Così lui ha fatto nascere in me la voglia di studiare con entusiasmo. Fin da quando è entrato per la prima volta nell’aula, quando io e i miei compagni ci siamo alzati dalle sedie con le gambe tremolanti per “accoglierlo”…. Una paura! Ma poi è riuscito a farci sorridere tutti con il suo saluto che ancora oggi ricordo: “Buongiorno a tutti, io sono il vostro professore di matematica e scemenze…..ehhh, scusatemi, volevo dire scienze…”.
Da quel momento la paura mi passò!
Per riuscire a capire la bravura di un professore le domande da porsi sono:
il professore è in grado di far capire ai suoi studenti quel che vuole esprimere?
sa rendere una lezione interessante, educativa e divertente allo stesso tempo?
è in grado di coinvolgere anche quei ragazzi meno interessati, comportandosi equamente con tutti?
ha avuto esperienze che lo hanno arricchito nella sua carriera?
A queste domande sul Professor Maggiore io posso rispondere sempre “sì”!
Il Professore Maggiore è stato sempre capace di coinvolgere nelle lezioni proprio tutti i ragazzi…. Si sa, in ogni classe ci sono ragazzi bravi e anche quelli meno bravi, altrimenti non potrebbe neanche essere chiamata “classe”. Questo è il talento che un prof deve avere, far coinvolgere tutti, riuscendo a far rispettare le regole, sottolineando ai ragazzi la loro importanza, e sapendo inserire anche la battuta nel momento giusto.
Certo il Professor Maggiore ha sempre avuto fin da piccolo un certo talento per la bravura a scuola! Ci ha raccontato che quando aveva circa la mia età, era stato scelto insieme ad un altra ragazzina, tra i ragazzi di tutta Italia, per partecipare come alunno alla trasmissione televisiva “Non è mai troppo tardi” condotta dal maestro Alberto Manzi, ideata per insegnare l’italiano alle numerose persone ancora analfabete.
Mi dispiace che abbia potuto trascorrere solo un anno con lui, la mia prima media. Di solito sono i maestri a lasciare i ragazzi. Oppure in caso contrario sono i ragazzi che se ne vanno, terminando le scuole, ma i maestri rimangono dove i loro alunni li potranno sempre trovare… Il mio caso è purtroppo un po’ diverso… Sono stato io a dovermene andare via con la mia famiglia, per tornare a Berna.
Un professore però, uno che merita di essere chiamato “maestro”, non ti abbandona mai in realtà, perché il suo ricordo rimarrà sempre nella memoria e sarà difficile gettarlo nel dimenticatoio, perché i ricordi troppo grandi come questi non ci entrano nemmeno…
Anche se ormai è andato in pensione da circa due anni, rimane sempre il mio professore, il professore che mi ha fatto amare la matematica, quello che non perdeva mai il sorriso durante le sue meravigliose e semplici lezioni a scuola, uno di quei professori impossibili da dimenticare.
Remo Panarese