Tutto lascia pensare che nel Medio Oriente le acque saranno agitate nel futuro a breve e medio termine, e non si tratta solo dell’offensiva diplomatica americana in seguito alla scoperta di un complotto per uccidere l’ambasciatore dell’Arabia Saudita. Ad agitare le acque concorre anche l’esito della richiesta di Abu Mazen all’Onu di riconoscere lo Stato della Palestina. Se gli Usa porranno il veto e la richiesta sarà dunque congelata, a rimetterci faccia e futuro politico sarà proprio Abu Mazen, che avrà difficoltà a controllare la situazione, pressato da una parte da Hamas, dall’altra indebolito rispetto alla vittoria di Netanyahu. Ma questi due aspetti del grande problema rappresentato dal Medio Oriente non saranno nulla in confronto a ciò che esploderà presto: la dichiarazione di Obama (“Gli Usa hanno prove schiaccianti che l’Iran sponsorizza attività destabilizzanti”) fa pensare ad una resa dei conti ravvicinata. Non è una minaccia, è un allarme che proviene non solo dal complotto sventato contro l’ambasciatore saudita, ma dall’Aiea (l’Agenzia dell’Onu per il controllo nucleare) e dai timori che riguardano l’Iraq. A svelare che si preannuncia qualcosa di dirompente nei rapporti Usa-Iran passando per l’Onu è stato il giornale francese Le Figaro, che è venuto in possesso di notizie che saranno rese pubbliche il 17 novembre, quando l’Aiea pubblicherà il suo rapporto sul nucleare iraniano. Archiviata l’epoca di El Baradei, egiziano, direttore dell’Agenzia fino a due anni fa, che ha sempre attutito le prove che in Iran si stesse procedendo alla costruzione di siti segreti per arricchire l’uranio a fini militari, la nuova direzione dell’Agenzia riferirà sulla reale situazione: pare che l’Iran già nel giro di sei mesi potrebbe avere a disposizione la bomba atomica. È un’affermazione avventata? Secondo gli esperti no. L’Iran ha lavorato in siti per anni segreti. Solo nel 2009 il sito presso Qom fu rivelato da Obama, Sarkozy e Brown, in seguito a prove fotografiche inconfutabili. Le nuove rivelazioni riguardano le nuove centrifughe per l’arricchimento di grosse partite di uranio, il cui livello di arricchimento non è del 5% (soglia del nucleare civile), ma del 20%. L’Iran lo giustifica con gli scopi scientifici, ma in realtà innalzare dal 20 al 90% (scopi militari) non sarà un ostacolo. Insomma, Obama si sta accorgendo di ciò di cui si era già accorto Bush: l’Iran va verso l’atomica e questo crea problemi in Medio Oriente. L’atomica non è il solo aspetto pericoloso di tutta la questione. Entro la fine di quest’anno, gli americani lasceranno l’Iraq, secondo il programma reso noto già in passato. I timori degli americani riguardano la fragilità di quel Paese, troppo debole per resistere alle mire dell’Iran. Si dirà che la colpa è di Bush che voleva esportare la democrazia e che ha abbattuto Saddam Hussein, l’unico valido nemico dell’Iran, ed è vero, ma oggi si devono fare i calcoli con la situazione attuale, che è quella descritta e che non lascia intravedere nulla di buono.
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