Non è raro che si soffra del cosiddetto reflusso gastroesofageo. Di che si tratta? Si tratta della risalita di succhi gastrici e di residuo di cibo verso la gola, magari dopo un pranzo o una cena abbondanti. Chi ne soffre, la notte può avere anche una tosse stizzosa, provocata dall’infiammazione della parte tra l’esofago, appunto, e la faringe, con calo di voce e irritazione. Ciò è dovuto al fatto che i succhi gastrici sono acidi e infiammano la mucosa superiore.
Prima però di proseguire, va precisato che il reflusso gastroesofageo può essere preceduto da un dolore all’altezza dello sterno, che può irradiarsi nel petto e verso la schiena, al punto che non sono pochi quelli che si recano al pronto soccorso perché temono di avere un infarto in corso.
Ed ora proseguiamo. I succhi gastrici rimangono nello stomaco, la loro risalita verso l’alto viene impedita da una valvola, il cardias, che blocca il passaggio dei succhi. Quando la valvola non funziona bene, allora si ha la risalita, con conseguente irritazione delle mucose dell’esofago.
Ciò chiarito, vediamo come affrontare questo disturbo. Innanzitutto, i medici suggeriscono di effettuare due test non invasivi per verificare se nello stomaco c’è un batterio chiamato Helicobacter, che è responsabile di molti disturbi dell’apparato digerente. Il primo test riguarda il respiro: si soffia dentro un’apposita cannula. Il secondo riguarda le feci. Se i test sono positivi, allora il medico prescrive una terapia di circa dieci giorni a base di farmaci contro l’acidità, chiamati inibitori di pompa protonica, associati ad antibiotici. In genere dopo quattro settimane si ripete uno dei due test e se il batterio è stato eliminato, per il paziente dovrebbe andare meglio. Se non va bene, allora si può impostare una terapia di lungo periodo.
Ecco la terapia impostata dal dottor Dino Vaira, gastroenterologo, docente di Medicina Interna presso l’ospedale Sant’Orsola di Bologna: “In primo luogo, grazie a farmaci antiacidi come quelli a base di sali di alluminio o come gli stessi inibitori di pompa protonica, tento di annullare la causa di infiammazione delle mucose dell’esofago. Poi individuo nelle abitudini alimentari del paziente i cibi che interferiscono con l’ottimale tenuta della valvola che separa stomaco ed esofago. Alcuni tra questi cibi sono irritanti e pertanto, almeno fino al termine del primo ciclo di terapia, consiglio al paziente di sospenderne l’assunzione”.
Ci sono degli alimenti che si farebbe bene a non mangiare o bere in caso di reflusso gastroesofageo? Bisogna evitare il caffè e le bevande gassate, il cioccolato, gli agrumi e le spezie, in particolare il pepe e il peperoncino. Una volta eliminati gli alimenti e le bevande che fanno male e una volta iniziata la terapia per togliere l’infiammazione delle mucose, c’è da rieducare la valvola a compiere i movimenti giusti di apertura e di chiusura. In che modo? Con l’acqua, bevendo acqua non gassata, a piccoli sorsi, un litro tra le otto del mattino e le tredici e un altro litro tra le quattordici e le diciannove, sempre a piccoli sorsi, in modo che l’acqua non vada direttamente nella vescica, ma venga assorbita dalle cellule. Quando l’acqua va a piccole quantità nello stomaco, scioglie i succhi gastrici e rieduca la valvola a compiere i giusti movimenti per chiudere bene.
La terapia per curare il reflusso gastroesofageo dura non meno di sei mesi e passa anche attraverso la diminuzione del peso corporeo, in quanto il grasso addominale, stando seduti a tavola, preme verso l’alto e contribuisce a provocare il disturbo di cui abbiamo finora parlato.