Bisogna riconoscerlo: ci saranno dubbi e perplessità, magari non tutto quello che si dice sarà realmente realizzato, però è certo che per la prima volta nella storia d’Italia si sta tentando un piano dettagliato di tagli ai troppi sprechi che nel Bel Paese sono l’abitudine inveterata di decenni di spesa pubblica allegra a fini clientelari, assistenziali o più semplicemente elettorali. Tanti altri hanno tentato di mettere mano ai tagli alla spesa pubblica, ma alle parole hanno fatto seguito pochi o nessun fatto. Valga per tutti l’esempio delle auto blu, il cui numero non si è mai saputo con esattezza ma che sono, pare, 80 mila: inventario, riduzione simbolica, poi, in pratica, rimanevano esattamente le stesse se non, addirittura, aumentavano perché chi doveva procedere alla riduzione incontrava una montagna di difficoltà di ordine burocratico e politico. Ora, dovrebbero essere ridotte del 50%: nero su bianco, anche se la verifica non sarà mai superflua.
L’ex ministro Calderoli, l’estate del 2011, elaborò un piano che prevedeva il taglio di circa 30 province, secondo il criterio della popolazione (inferiore ai 350 mila abitanti) e all’estensione (inferiore ai 3 mila kmq). Il piano era valido, ma poi, per motivi politici (opposizione della Lega) e costituzionali non se ne fece più nulla. Ebbene, quel piano è stato ripreso e ad oggi il passo in avanti è che le riduzioni non saranno soppressioni ma accorpamenti e comunque i poteri delle future province saranno diversi, non politici ma di coordinamento amministrativo. Il governo si è impegnato ad emanare un provvedimento ad hoc nel giro di 20 giorni: è la dimostrazione di come tagliare in Italia sia difficile ma che comunque può essere fatto. Il punto è che a causa della crisi dell’economia e dell’euro la bussola non è più ciò che “può” essere fatto, ma ciò che “deve” essere fatto. Monti, al vertice europeo, è stato chiaro: alle misure concordate, in particolare il meccanismo salva spread, devono seguire le riforme strutturali e il rigore della spesa. Dunque, i tagli vanno fatti e basta. Se non venissero fatti adesso, da un governo tecnico a sostegno ampio e concordato, difficilmente potrebbero essere fatti da un qualsiasi altro governo che succederà a questo.
Ripetiamolo: i dubbi sono tanti, ma già aver tagliato 37 tribunali, 38 procure, 220 sedi distaccate e 674 uffici del giudice di pace per un totale di 1000 edifici che saranno dismessi è un ottimo risultato. Si dirà: la giustizia funzionerà peggio. Non è vero: queste sedi e questi uffici erano solo improduttivi e dispendiosi. I giudici di pace erano diventati, per loro esclusiva colpa, un passaggio superfluo dal punto di vista dell’organizzazione giudiziaria e costoso dal quello economico. Allo stesso modo, benissimo il taglio del 20% dei dirigenti nella Pubblica Amministrazione e del 10% dei dipendenti. E’ un dato concreto, anche se “macchiato” dalla non applicabilità alle amministrazioni periferiche (regioni ed enti locali), ma c’è e qualcosa di buono produrrà. Accenniamo da ultimo agli ospedali: alla fine si sono salvati tutti, anche quelli con meno di 80 posti letto. Si è preferito diminuire il numero dei posti letto per mille abitanti al posto di eliminare quella vergogna del servizio intramoenia per i medici che usano le attrezzature e i materiali degli ospedali e si fanno pagare, spesso senza rilasciare la fattura, il che significa che evadono le tasse e nello stesso tempo fanno pagare i costi all’ospedale stesso. Non è affatto una rivoluzione, ma è già qualcosa che i costi dei farmaci siano stati diminuiti.
Da tanti piccoli tagli, nei prossimi tre anni verranno ricavati circa 26 miliardi di risparmio. Al di là del fatto che siano tagli veri e non anche tagli di servizi, c’è che il tabù dell’intoccabilità degli sprechi è finalmente rotto.