Tutti l’attendevano con un misto di speranza e di trepidazione, pochi credevano al successo, preparandosi al peggio. Invece, la svolta c’è stata ed è merito unanimemente riconosciuto di Mario Monti. L’Europa non si è fermata, va avanti, e vanno avanti la moneta unica, l’euro, e l’unione politica.
François Hollande, il neo presidente francese, ha detto che “non ci sono Paesi vincitori o sconfitti vinti, ha vinto l’Europa”. Non ha perso Angela Merkel, perché ha tenuto duro sugli eurobond (“non ci saranno, finché io vivrò”, frase poi ripetuta anche dal ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble), non hanno perso i leader dei Paesi mediterranei, perché hanno ottenuto quello che fino al giorno prima non si aspettavano di ottenere.
Alla vigilia si parlava di risorse per la crescita e queste sono state decise: 120 miliardi, seppure, come è stato osservato da più parti e da autorevoli esperti, “con l’incognita di quanti siano veramente i capitali freschi a disposizione”, come ha puntualizzato Ferruccio De Bortoli nel suo fondo sul Corriere della Sera, essendo in gran parte capitali degli stessi Stati membri.
La Spagna ha ricevuto la ricapitalizzazione degli istituti bancari ed ha evitato di cadere nel baratro, l’Italia, ha detto Antonio Polito sul Corriere della sera, “chiedeva un meccanismo per far scattare l’acquisto dei titoli da parte del Fondo salva Stati a ogni impennata dello spread” e, battendo i pugni sul tavolo, secondo i suggerimenti dei leader politici della maggioranza che sostiene Monti, lo ha ottenuto. Fuor di metafora, Mario Monti ha detto che senza questo passo in avanti, lui non avrebbe firmato. L’Italia non poteva continuare a fare sacrifici e nello stesso tempo a vedersi vanificare dagli assalti dei mercati tutti gli sforzi degli italiani. Merkel ha accettato, e non poteva fare altrimenti in quanto la sponda francese questa volta non solo non c’è stata, ma, anzi, ha fatto da sponda a coloro che le chiedevano dei passi in avanti, e il Vertice si è risolto in un doppio successo: quello europeo e quello italiano.
Quello europeo. Ora i capi di Stato e di governo hanno fatto una scelta importante, hanno, cioè, difeso e rafforzato l’euro e nello stesso tempo hanno scelto l’Europa, insieme. Indietro non si torna. Le nuvole sull’euro ora si sono diradate. E’ come se un gruppo di scalatori stanchi avessero deciso unanimemente non di fermarsi, ma di continuare la salita fino alla vetta. E il primo risultato c’è stato, anche se la verifica andrà fatta sulla distanza. Il politologo francese Dominique Moïsi prima del Vertice parlava del famoso triangolo: i mercati che prima erano persuasi che l’euro non ce l’avrebbe fatta, i governi che non si sapeva quale direzione avrebbero imboccato e la società civile che dovrà decidere se le misure sono sufficienti o no. Ebbene, adesso i mercati sanno che dall’euro non si torna indietro e sanno anche che i governi sono determinati ad andare avanti. Resta l’incognita della società civile, ma il più è fatto.
Quello italiano. Con Mario Monti l’Italia è tornata ad essere non un problema, ma una forza propulsiva per l’Europa. Dopo una fase di incertezza (semplificazioni fallite, liberalizzazioni di facciata, riforma del lavoro lacunosa) Monti ha recuperato lo slancio iniziale con rinnovato vigore.
Ora la strada non è in discesa, perché viene la parte più complicata: le riforme radicali (tagli dei rami secchi), comportamenti diversi (più produttività, eliminazione degli sprechi), rispetto delle regole. Gli ostacoli sono tanti, ma – ed ecco la novità – ce la possiamo fare, specie se il dopo Monti sarà caratterizzato da forze politiche che adotteranno uno spirito nuovo tra di loro e vorranno concorrere a portare avanti con coraggio la svolta montiana.
In fondo, dopo toccherà a loro – e solo a loro – dimostrare che gli scettici in Europa sugli italiani si sbagliavano.