Il viaggio del Papa a Cipro è durato appena due giorni e la sua visita è stata contrastata sia da alcuni vescovi ortodossi che da alcuni rappresentanti musulmani: gli uni e gli altri non l’hanno voluto incontrare lungo la fascia internazionale che separa la parte greca da quella turca. Eppure, la visita è stata importante e va al di là dei risultati immediati.
La domanda che molti commentatori di questioni vaticane si sono posti e tra questi Andrea Riccardi sul Corriere della Sera è la seguente: “Che ci è andato a fare il massimo rappresentante del cattolicesimo in un piccolo Paese come Cipro, diviso a tre quarti tra ortodossi e musulmani? Una risposta logica sarebbe stata d’obbligo se ci fosse stata una presenza di cattolici, per quanto piccola, ma non è il caso di Cipro. E allora perché? La realtà è che tra ortodossi e cattolici, tra il Papa e il Patriarca, da molti anni a questa parte, ma in particolare dal pontificato di Giovanni Paolo II, specie dopo la morte di Alessio II, da una parte c’è un riavvicinamento sul piano dottrinale, malgrado le differenze dovute a quasi mille anni di separazione ufficiale, dall’altra c’è una strategia geopolitico-ecumenica.
Nel 2007, appena eletto, Benedetto XVI ha ricevuto il metropolita ortodosso Kyrill, che poi è diventato Patriarca di Mosca. A sua volta, nel 2006, si recò in Turchia a visitare il Patriarca ortodosso Bartolomeo. Ora è andato a Cipro a visitare un arcivescovo ortodosso, Crisostomo, particolarmente disponibile verso i cattolici. Ebbene, sia gli ortodossi, sia i cattolici, stanno tessendo una tela che nella prospettiva storica è il superamento della separazione millenaria tra le due Chiese, nell’immediato prevede il rafforzamento delle comunità ortodosse in Europa, ridotte ad una rappresentanza simbolica, e il rafforzamento delle comunità cattoliche nel Medio Oriente, anch’esse sempre meno numerose e sempre più discriminate, fino alle minacce di morte a singoli vescovi e sacerdoti e ai pochi fedeli che professano la loro fede in un ambiente largamente ostile. La differenza, infatti, è che gli ortodossi in Europa occidentale sono pochi, tuttavia vivono in Paesi cristiani: cattolici o protestanti, ma cristiani. I cattolici in Medio Oriente vivono in Paesi di religione musulmana, che tollera al più qualche piccola comunità ma non una religione diversa dall’Islam.
Il Papa, dunque, dopo il viaggio in Turchia e quello in Terra Santa, è andato a Cipro per sostenere gli ortodossi che subiscono l’“invasione” turca in una parte dell’isola, ma anche per sostenere le piccole comunità cattoliche in Paesi del Medio Oriente come la Palestina, il Libano, l’Iraq, la Siria, l’Egitto, in Paesi, cioè, dove nacque il cristianesimo e dove, dopo duemila anni, è ridotto al lumicino. La speranza di evangelizzare di nuovo quelle popolazioni non è mai stata abbandonata e passa per il dialogo tra le varie religioni che credono in un unico Dio. Ecco perché Benedetto XVI, sulla scia di Giovanni Paolo II, si rivolge ai “fratelli musulmani”. Convivono nel cattolicesimo e nel Papa due atteggiamenti complementari: il dialogo e la pace con tutti, che poi è il messaggio evangelico valido allora, ora e sempre, e la speranza che le comunità di cattolici diventino di nuovo numerose, malgrado e grazie anche al martirio cui spesso quelle piccole comunità sono sottoposte, sia con l’uccisione di vescovi e sacerdoti e sia con le persecuzioni dei fedeli, esattamente come accadde ai tempi dei primi apostoli duemila anni or sono. Sullo sfondo un grande obiettivo: l’unità di tutti i cristiani.
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