Nel lungo documento del recente Comitato Centrale si apre al mercato e si allenta la politica del figlio unico
Nel lunghissimo comunicato del Comitato centrale del partito comunista cinese, nel quale c’è la nuova apertura al mercato, ci sono due notizie molto importanti: l’allentamento della politica del figlio unico e l’abolizione dei campi di concentramento, chiamati in Cina “campi di rieducazione”. Queste due notizie, in realtà sono la fotografia di ciò che è stata la Cina, di ciò che è ancora adesso ma di ciò che potrebbe essere in futuro.
La legge del figlio unico entrò in vigore alla fine degli anni ’70, ma già dall’inizio di quel decennio cominciò ad essere praticata. Lo scopo era di contrastare l’esplosione demografica. Ricordiamo che la Cina è il più popoloso Paese del mondo con un miliardo e circa quattrocento milioni di abitanti. L’entrata in vigore della legge arginò il fenomeno della sovrappopolazione, ma creò altri problemi. Il primo dei quali fu che la coppia che stava aspettando un figlio, accertato che era femmina, ricorreva all’aborto, in primo luogo perché non poteva avere un secondo figlio, in secondo luogo perché volevano avere un maschio per la discendenza familiare. E’ successo che di aborto in aborto, i medici cinesi negli ultimi quarant’anni ne hanno praticato 336 milioni, in pratica 7 milioni all’anno: un’ecatombe pari al numero degli abitanti dell’Europa, esclusa la Russia. Probabilmente il numero degli aborti è molto superiore alle cifre ufficiali. Per la cronaca, in questi ultimi quarant’anni le sterilizzazioni sono state 196 milioni. Potrebbe essere una misura affrontata responsabilmente dalle singole persone, invece no. La maggior parte delle sterilizzazioni sono state coatte, imposte dalle autorità.
Il secondo problema creato dalla legge del figlio unico è che attualmente le femmine sono 34 milioni in meno dei maschi. Mentre normalmente il numero delle donne in ogni Paese è superiore a quello degli uomini, in Cina il fenomeno è stato all’inverso. Il terzo problema è stata una grave conseguenza economica: l’invecchiamento della popolazione e uno squilibrio nel pagamento delle pensioni. Fino ad un certo punto tutto è filato liscio, negli ultimi anni, invece, coloro che pagavano i contributi erano sempre meno rispetto a quelli che li percepivano, per cui, per evitare il crac, si è dovuto porre rimedio a quello squilibrio. Come ? Appunto con l’allentamento della politica del figlio unico. Vorrà dire che d’ora in poi una coppia potrà avere i figli che vuole? No, non è così. Potranno avere due figli – due e non più di due – quelle coppie di cui uno dei due coniugi è figlio unico. Evidentemente quando c’era la legge rigida del figlio unico, c’era chi riusciva ad eluderla, con la complicità delle autorità che chiudevano un occhio con i militanti del partito comunista, oppure con il benestare delle autorità corrotte. La legge aveva delle maglie larghe in genere nelle grandi città, per la difficoltà dei controlli, mentre era rigidamente applicata nelle campagne, dove le autorità erano (e sono) degli aguzzini che prosperavano e prosperano tuttora con ogni sorta di soprusi e di privilegi. Basta citare il caso successo nel mese di febbraio scorso, quando i poliziotti si sono presentati in casa di una coppia che aveva due figli, di cui l’ultimo di 13 mesi. Ebbene, il padre, di fronte ai poliziotti, ha preso il bambino ed è fuggito, ma poi nella concitazione dell’inseguimento il bambino è morto travolto da un’auto dei poliziotti stessi. Se, insomma, quel padre era fuggito è perché in caso di trasgressione il bambino veniva ucciso e il padre costretto a pagare in soldi o in condanne alla tortura o al carcere. Dunque, si capisce il terrore in cui vive la gente in Cina. Come detto, la riforma consiste solo in un allentamento, solo in caso uno dei due coniugi sia figlio unico.
Quanto ai campi di concentramento (in cinese “laojiao”), essi sono stati istituiti negli anni ’50 ad opera di Mao- Zedong per punire i controrivoluzionari, i dissidenti e coloro che semplicemente avevano un qualche torto da lamentare e reclamavano presso le autorità centrali di Pechino attraverso la cosiddetta “petizione”, vissuta come una perdita di privilegi dai capetti locali in seguito alle inchieste delle autorità centrali oppure vissuta come un affronto da punire con ogni sorta di minacce e soprusi. Nei campi di rieducazione sono state condannate a vivere milioni e milioni di persone, condannate ai campi non da un tribunale o da magistrati, ma, appunto, dai capi partito.
Gli abusi che dei campi si facevano hanno convinto i nuovi leader della Cina ad abolirli, anche se si sa che per arrivare alla soppressione totale dovranno passare ancora molti anni.