In ventimila alla manifestazione organizzata da Libertà e Giustizia. Tra la folla molte bandiere italiane e cartelli, spesso dal taglio ironico, contro Berlusconi. Sul palco intellettuali, giuristi, scrittori, giornalisti, personalità della società civile: tutti insieme per invocare le dimissioni del governo e una rinascita del Paese
L’evento organizzato da Libertà e Giustizia, con la sua presidente Sandra Bonsanti, è stata una lunga kermesse di idee e speranze, ma soprattutto di proposte messe in campo per ricomporre i pezzi di un’Italia spaccata da scandali e divisioni. Un invito raccolto, secondo gli organizzatori, da ventimila persone che hanno affollato l’Arco della Pace di Milano tra tricolori e striscioni. La sensazione dominante, nelle parole dei tanti oratori è quella di una “fine politica ormai imminente’’, come ha detto il sindaco Pisapia. Per prepararsi al dopo Berlusconi, secondo il primo cittadino, bisogna far tesoro delle amministrative, che hanno visto la vittoria “non di una parte politica, ma di una nuova politica, di tutti per tutti’’. E “questa non è antipolitica, ma – ha concluso tra gli applausi – buona politica’’. Se ci fosse una buona politica – gli ha idealmente risposto Roberto Saviano nel suo videointervento – sarebbe garantito quello che lo scrittore chiama ‘diritto alla felicità’, che “non può che avvenire in una società di diritto’’, non certo in una dove “il lavoro nero protegge dalla crisi’’. Un riferimento alle vittime di Barletta, cui la piazza ha dedicato un minuto di silenzio: la fine tragica delle lavoratrici pagate meno di quattro euro all’ora ha commosso tutti. Anche a causa del silenzio del presidente del Consiglio, in viaggio verso la Russia per festeggiare il compleanno di Vladimir Putin. Dimissioni immediate per Berlusconi, dunque, ma anche rispetto per i temi del lavoro e della legalità. Se il Berlusconi “che non se la sente più di farsi vedere’’ per Dario Fo somiglia sempre più a una pantomima di Buster Keaton, indignarsi non basta comunque: “La situazione è drammatica con un superministro padrone di un governo, un regno delle banane, che si rende conto che il popolo, il suo popolo, non c’è più. E vive nel terrore. Bisogna che tutti ci si dia da fare, che si sviluppi una partecipazione straordinaria, bisogna – ha sottolineato il premio Nobel – avere progetti, discutere, litigare, venire avanti con gli interessi della collettività’’. Perchè per ricucire l’Italia – secondo le parole di Don Ciotti lette sul palco – “serve un ago e quell’ago siamo noi’’, mentre “il filo è la costituzione’’.Costituzione che è compito dell’Anpi difendere, come ricordato dal presidente Carlo Smuraglia, per il quale “non possiamo aspettare un 25 luglio che non sappiamo se ci sarà’’. Se in tanti guardano già al dopo Berlusconi, per lo storico Paul Ginsborg invece la situazione non potrà cambiare da sola: il premier “è un uomo tenace e determinato, che è stato sottovalutato mille volte dai media e dalla stampa. Lui combatte sino alla fine. Ci vuole una rivoluzione mite, senza violenza”. Bisogna quindi, per lo storico inglese, iniziare ad organizzarsi dal basso, con una “rivoluzione mite che va avanti con determinazione’’. E intanto far sentire la voce della società civile, “affinchè anche dall’estero – ha aggiunto Umberto Eco in un intervento scritto – si capisca che l’Italia vera siamo noi’’. Per il sociologo Marco Revelli “il berlusconismo ha slabbrato le distanze fra primi e ultimi, fra chi è ricco e chi è sempre più povero: ha favorito un piccolo gruppo arrogante e potente e ha consegnato alla povertà sempre più giovani”. Oltre a quello di Roberto Saviano e Umberto Eco, sono arrivati i messaggi di partecipazione di Moni Ovadia e don Luigi Ciotti, ‘presenti con il cuore’. Fra i contributi sul palco, invece, quelli di Michele Serra, Marco Travaglio, Lirio Abbate (che ha ricordato Giuseppe D’Avanzo) e Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, che ha chiuso così la manifestazione: “Si dice che in Italia sta prevalendo la stanchezza. Questa piazza dimostra esattamente il contrario. Qui c’è rappresentato in sintesi il nostro Paese. Laici e cattolici, uomini e donne, giovani e anziani. Noi non siamo mossi da odio o rancore, ma da un senso di partecipazione per il bene del nostro paese. Sono i partiti politici che devono raccogliere le richieste e i bisogni che vengono da piazze come questa e devono trasformarle in passione civile. Non siamo una piazza antipolitica, ma una piazza che lavora per la politica”.