Un “grande aiuto” alla fede e alla preghiera dei credenti, perché proietta nell’immagine di un uomo flagellato e crocifisso “ogni sofferenza umana”. Ecco la Sindone, svelata nel Duomo di Torino per la prima volta dal restauro del 2002.
Un’Ostensione fortemente voluta dalla Chiesa come “icona dei drammi che continuano a consumarsi nel mondo”.
Per ricordare ai milioni di pellegrini in arrivo fino al 23 maggio che Gesù rimane il vero e unico “balsamo di consolazione”. L’arcivescovo di Torino, cardinale Severino Poletto, ha cita Papa Giovanni Paolo II nell’omelia che ha dato il via all’Ostensione. E, come il venerabile Wojtyla fece davanti al sacro lino nel 1998, ricorda “le tante sofferenze vissute nel silenzio tra lacrime e disperazione”.
Quelle “dei malati e dei moribondi”, ma anche delle “molte famiglie povere”, “dei senza lavoro” e di quanti “faticano a vivere dignitosamente”.
È a loro che il porporato, custode pontificio del lenzuolo, dedica l’Ostensione davanti alle telecamere di 99 televisioni che seguono l’evento religioso dell’anno. Ed è a loro che pensa appellandosi ai politici, “perché servano sempre il bene comune”.
Accanto a lui, tutti i vescovi piemontesi, stretti attorno all’altare allestito davanti alla Sindone. Un segnale di unione in un momento non facile per la Chiesa, alle prese con la crisi della fede e lo scandalo pedofilia. Macigni pesanti, che suscitano numerosi interrogativi tra i 2 mila giornalisti accreditati.
“Momenti dolorosi, nella storia della Chiesa, ce ne sono sempre stati”, ammette il cardinale Poletto senza sottrarsi alle domande. “Non mi pare onesto, però, puntare l’indice contro qualche sacerdote e religioso – aggiunge – dimenticando il tanto bene che la Chiesa ha fatto e continua a fare all’umanità”.
Sembra non averlo scordato, però, la lunga fila di pellegrini che si forma all’ingresso della cittadella della Sindone. Giovani e meno giovani, italiani e stranieri. Tanti credenti, ma anche qualche semplice curioso, che attendono il loro turno per confrontarsi con questo grande mistero.
Un segreto senza risposta che, finora, neppure i ricercatori sono riusciti a decodificare. Anche questo, del resto, è il suo fascino. “Compete agli scienziati e agli storici seri valutare e risolvere la questione – sottolinea al riguardo l’arcivescovo di Torino – a noi basta affermare che non è un manufatto, per cui permangono fondate le ragioni in favore della sua autenticità”.
Proprio quelle che spingono il credente a specchiare le sue sofferenze nella passione del Signore, come ricorda lo stesso motto di questa Ostensione, “Passio Christi, Passio hominis”. Un “dono di grazia che Dio ci ha offerto – è la conclusione dell’omelia del cardinale Poletto – attraverso le sofferenze di Gesù, dalle cui piaghe siete stati guariti”.