Settembre ed ottobre sono i mesi ideali per i tour enogastronomici
Arriva il tempo della vendemmia e per gli amanti del buon vino inizia il periodo più interessante dell’anno: l’occasione è ottima infatti per organizzare brevi tour in giro per cantine, dove l’eccellenza enogastronomica si mescola alla bellezza di paesaggi collinari che con l’arrivo della stagione fredda si tingono di mille colori. Nessun momento migliore per assaporare i sapori e i profumi dell’autunno, alla scoperta di posti nuovi da scoprire e visitare sulla scia di Bacco. Un viaggio tra bontà e bellezza lungo tutta l’Italia, dove si scovano capolavori di architettura incorniciati da colline striate di rosso, muretti a secco e viti.
Così percorsi e città si possono scegliere puntando alle cantine che diventano segno iconico del paesaggio, in un’architettura pensata per esaltare il vino. Una bella cantina, oltre a diventare un segno distintivo nel paesaggio, suggerisce al visitatore un’esperienza alternativa e rappresenta un indiscutibile valore aggiunto che si concretizza nella scoperta della filiera produttiva che porta a realizzare il prezioso nettare degli Dei. Una forma di turismo che è in crescita esponenziale: oltre un milione di persone hanno infatti partecipato lo scorso anno all’ultima edizione di ‘Cantine aperte’, organizzata dal Movimento Turismo del Vino, visitando circa un migliaio di aziende vinicole.
Tra le regioni più rappresentative la Toscana, che vanta numerose ‘cantine capolavoro’, come quella di Petra, ricavata nel fronte di una collina maremmana e opera dello svizzero Mario Botta: “Cantina unica in un luogo unico, Petra riceve dal cielo e dalla terra il misterioso segreto, e alla terra e al cielo lo ritrasmette attraverso la produzione di vini che hanno l’anima della Maremma toscana e lo spirito che parla dei segreti di una lingua antica”, si legge sull’home page del sito ad essa dedicato. Immersa in un parco naturale che si estende per circa 300 ettari dalla bellezza ancora incontaminata tra antichi olivi e una ricca macchia mediterranea, la Cantina Petra rappresenta per i suoi proprietari un tempio dedicato al vino e alle profonde radici storiche della Toscana. Il progetto risale al 1997 quando, vicino all’antico borgo di Suvereto, tra le colline ferrose della Val di Cornia, ha avuto inizio il progetto vitivinicolo di Vittorio Moretti e di sua figlia Francesca, abile enologa ed esperta del territorio.
La Cantina Petra, definita anche ‘luogo delle antiche pietre’ è il luogo in cui vino, architettura, natura e arte trovano la loro perfetta sintesi: una costruzione maestosa, incoronata dalla natura che ad ogni stagione muta il paesaggio, conferendole un aspetto sempre diverso. Il ‘cilindro’ che costituisce il volume centrale della cantina ospita al suo interno i serbatoi per la vinificazione, mentre le uve arrivano dai livelli superiori. Al pianoterra una galleria penetra direttamente nella collina fino a chiudersi in una parete di roccia, spazio dove il vino riposa nelle botti e che collega idealmente la terra con l’attività umana e con l’agricoltura.
Scendendo per lo Stivale, un’altra cantina da visitare è senz’altro il Carapace, la cantina-scultura umbra della famiglia Lunelli, a Perugia, un ‘guscio’ che racchiude arte, natura e vino in continuo dialogo fra loro. “Il carapace è un’opera unica, ai confini fra scultura e architettura. La prima scultura al mondo in cui si lavora”, l’ha definita lo scultore Arnaldo Pomodoro. Ci sono voluti sei anni di lavori per dare vita a quest’opera che è diventata il tempio del Sagrantino di Montefalco e lo scrigno del buon vino. Non poteva mancare la Sicilia ad offrire luoghi dove vino e cultura vanno a braccetto: ne è esempio la Cantina di Donnafugata, a Marsala, una delle più rinomate in Italia, i cui edifici originali risalgono al 1851 e conservano ancora l’impianto tipico del ‘baglio’ mediterraneo, con un’ampia corte interna che ospita piante odorose di agrumi e di ulivi.
La famiglia Rallo, storica proprietaria dell’azienda, vanta oltre 160 anni di esperienza nel mondo del vino di qualità, con prodotti sempre più attenti a valorizzare le potenzialità del territorio. Il nome “donna in fuga” si riferisce alla storia di Maria Carolina di Borbone, che nell’800 si rifugiò in quella parte della Sicilia dove oggi si trovano i vigneti aziendali. Fu Giuseppe Tomasi di Lampedusa, ne ‘Il Gattopardo’, ad indicare con il nome Donnafugata quei possedimenti del Principe di Salina che accolsero la regina in fuga e che oggi ospitano i vigneti aziendali. La vicenda ha ispirato il logo dell’azienda e dell’etichetta, decantata per la sua bellezza.