A Onex-Ginevra – 29 maggio 2016
Guardo all’insù, oltre l’orizzonte del monte. Le nubi nerastre che scendono all’abbraccio del colle, annunciano un piovoso mattino. Normale, da queste parti. Ove il sole, quando indora con i suoi raggi la giornata festiva, è salutato dal gioioso vocio della moltitudine umana scesa per i viali a carpirne il calore e il messaggio. Che è tepore e gioia di vita. Mi affretto per prendere il treno. L’Intercity mi conduce a Ginevra, la città in cui ho vissuto per pochi ma intensi mesi d’impegno politico e sociale per i nostri emigrati.
Ricordo l’ottanta del secolo che fu. Accogliemmo quei ragazzi smarriti e perduti nel nulla dei loro pensieri. Violentati dal tremore del mostro che sconvolse la terra e le dimore dei padri lasciandoli soli in balia di tragici eventi. Raccolsero il nulla, i ragazzi, e partirono verso il nord e oltre le alpi nella terra di Jacques Rousseau e Calvino sul lago Lemano.
Già, l’Irpinia, la terra così arcigna da sembrarti d’acciaio mentre tu la pestavi gettando un ultimo seme e pur così rassegnata ai voleri dell’essere infame.
Sì, li accogliemmo, i giovani, ignari del loro avvenire, cercando per loro un rifugio e il quotidiano ristoro.
Forse, pensai: se ancora vivesse, Rousseau scriverebbe un nuovo “Contratto sociale”.
Divago e neppure mi accorgo, se non scrutando, oltre il tremolio dell’onda del lago, di scorgere i colli ove è adagiata la cittadina francese di Evian.
Evian, ove un tempo non molto lontano, due popoli redassero un testo con scritte parole di pace e di libertà.
Sono a Ginevra. Mi attendono, al parco cittadino di Onex, gli amici della SAIG per inaugurare il monumento – il quinto – in onore dei nostri connazionali del cantone ginevrino.
Presenti, come sempre, le autorità italiane civili e religiose rappresentate dal Console Generale d’Italia, Andrea Bertozzi, e dal vice Nunzio Apostolico presso le Nazioni Unite, Monsignor Massimo De Gregori. Il consiglio municipale in pectore della città di Onex, in testa il sindaco Carole Anne Kas, nonché eminenti autorità cittadine della vicina Ginevra, per rendere il dovuto omaggio ai nostri connazionali accorsi numerosi all’appuntamento per l’evento. Rifletto sul saluto che dedicherò a tutti loro, italo-ginevrini di ogni generazione giunti sul luogo che diverrà, da oggi, memoria e centro d’ incontro per riannodare i fili della nostra storia. Osservo il monumento e tutto mi è chiaro.
Una scultura. Una giovane donna china a baciare la terra, al suo arrivo quassù, nei luoghi ove avrebbe vissuto, attorniata dai suoi cari e dai futuri nascituri, per il resto della vita.
Penso all’autore dell’opera, al maestro Dante Ghielmini da poco scomparso. L’idea che ha scolpito nel marmo, riandando a tante vicende storiche e umane del suo passato, sta lì, protesa all’abbraccio dell’erba del parco. Grazie, maestro, per l’ultimo dono ai tuoi parenti – la vedova, a cui ho reso un commosso omaggio, a figli e nipoti – per aver rappresentato ciò che è, nel pensiero laico, l’eternità della vita. Grazie per il dono alla comunità italiana e ginevrina.
Carmelo Vaccaro ha salutato i presenti e li ha ringraziati per aver reso possibile, anche con la loro generosità, l’evento. Una manifestazione, afferma, che tende la mano alle nuove generazioni degli italiani nati in terra ginevrina, affinché ricordino il ruolo e il lavoro dei loro predecessori. Quelli che hanno scritto la storia, anche al prezzo del sangue versato, in Svizzera come in tante parti dell’Europa e del mondo.
Ed è proprio nel rispetto di quella storia – ha concluso l’oratore – che i nostri connazionali hanno saputo costruire i ponti che hanno unito i popoli grazie agli eterni valori di solidarietà e convivenza.
Gli interventi del Console italiano, Andrea Bertozzi, e del sindaco di Onex, Carole Anne Kast, hanno dato il timbro dell’ufficialità all’inaugurazione del monumento.
Che potevo dire, nel mio intervento? Come sempre, mi sono commosso.
Ho Parlato a braccio, come mi accade. E ciò che ho detto, è sgorgato dal cuore.
È così semplice dire belle parole, quando sono sentite.
Ancora una volta grazie.
Il male non prevarrà, anche se ammorba tanta parte della società moderna. Il domani non appartiene ai malvagi, ma agli innovatori seri e attenti al nuovo. Alle persone ricche di tanta umanità. Che è stata, largamente, la forza dei nostri cittadini giunti a Onex e Ginevra, in Svizzera, in Europa e nel mondo, nel corso del secolo passato. Buona fortuna, cari amici.
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