A una svolta, forse, le indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi sequestrata il 22 giugno del 1983
C’è una novità nell’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana di cui non ci sono più notizie dalle ore 19 del 22 giugno del 1983, ed è che la procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di concorso in sequestro l’allora rettore della basilica di Sant’Apollinare, monsignor Piero Vergari. Come mai si è giunti a questa novità? Alcuni giorni fa, è stata aperta la cripta contenente la salma di Renatino De Pedis, boss della Magliana, per verificare se oltre al corpo del boss ci fosse anche altro. In realtà, nella bara è stato trovato solo il suo corpo, ma nei sotterraanei della basilica sono state ritrovate circa 200 cassette contenenti ossa di defunti morti nell’epoca di Napoleone. E’ possibile che se la procura ha deciso di compiere questo passo sia stato ritrovato qualcosa che possa essere messo in relazione con la scomparsa o con il corpo addirittura di Emanuela Orlandi.
Perché il boss della Magliana è stato sepolto in una basilica e perché l’allora rettore della medesima, monsignor Piero Vergari, prima, nel 1991, fu rimosso da rettore, e poi, la settimana scorsa appunto, è stato indagato? Non è facile rispondere a queste domande, anche perché la scomparsa di Emanuela Orlandi è tuttora avvolta nel buio. L’inchiesta non ha dato nessun risultato fino al 2008, per 25 anni. L’ipotesi fu che fosse stata rapita dai servizi segreti di qualche Paese dell’Est per uno scambio: la liberazione della ragazza in cambio del silenzio di Alì Agca sui mandanti dell’attentato al Papa, colpito nel 1981 ma non ucciso. Quest’ipotesi è stata fatta dal magistrato che in tutti questi anni ha condotto l’inchiesta ma non è stata mai dimostrata, per le difficoltà internazionali e diplomatiche. La svolta avvenne nel 2008, quando Sabrina Minardi, ex amante del boss della Magliana, Renatino De Pedis, rivelò alla magistratura che l’uomo era coinvolto nel sequestro e nell’omicidio della quindicenne e che lei stessa era stata nell’auto che seguiva quella dove fu caricata la ragazza. Sabrina Minardi affermò che Emanuela fu tenuta sequestrata per tre mesi, che lei stessa l’aveva vista perché si occupava di lei, e che dopo non la vide più, portata, secondo le sua testimonianza, sul litorale, uccisa, chiusa in un sacco e “stritolata in una betoniera”. In seguito alle sue rivelazioni, oltre che lei, sono indagati tre esponenti della banda della Magliana: Angelo Cassani e Gianfranco Cerboni, indicati come pedinatori di Emanuela, e Sergio Virtù, indicato come l’autista che caricò la ragazza in macchina e la portò nel luogo dove fu uccisa.
E De Pedis? Il boss, in carcere negli anni Ottanta per altri reati, si disse pentito e si convertì e quando uscì di prigione aiutò don Piero Vergari a “preparare le mense dei poveri” offrendo donazioni in denaro alla basilica e ai poveri. Quando nel 1990 fu ucciso per la strada a Roma per un regolamento di conti, l’allora rettore don Piero Vergari, che seppe della sua morte dalla tv, ne rimase “meravigliato e dispiacente”, ma, ritenendolo un uomo “diverso”, cioè pentito e convertito, perorò presso il cardinal Ugo Poletti la causa della sua sepoltura nella basilica in quanto sollecitata dai parenti e in quanto benefattore. A sepoltura avvenuta, qualcuno si pose delle domande su chi era stato Renatino De Pedis, ma ormai il sarcofago era lì e lì rimase anche il corpo del bandito. Nel 1991 monsignor Piero Vergari, comunque, fu rimosso dall’incarico. A questo punto entra in scena Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, che da privato cittadino ha incontrato Alì Agca, nel frattempo uscito di prigione in Turchia per decorrenza di termini di condanna. Alì Agca ha suggerito a Pietro Orlandi di chiedere al cardinale Re per saperne di più. Questi, ricevendolo, gli ha confidato: “Non escludo che i responsabili dell’attentato a Papa Wojtyla del 13 maggio 1981, i Paesi dell’Est, abbiano rapito Emanuela per impedire ad Alì Agca di fare i nomi dei mandanti, promettendogli la libertà. Orlandi, mi intenda bene: questa è soltanto la mia idea”. Pietro Orlando ha chiesto ad altri personaggi importanti in Vaticano di fare qualcosa per arrivare a scoprire la verità sulla sorella, scrivendo anche un libro con Fabrizio Peronaci (Corriere della Sera) intitolato “Mia sorella Emanuela”. Si è rivolto alla magistratura romana ma non ha ottenuto nulla. Solo Padre Gerg, segretario del Papa, secondo la sua testimonianza, si è mostrato interessato al caso tanto che poi il Vaticano ha dato il via libera alla riapertura della tomba di De Pedis, ciò che ha permesso anche la prosecuzione delle indagini da parte della magistratura.
Ora, appunto, la novità dell’entrata nell’inchiesta di monsignor Piero Vergari. Chi indaga dice che è un atto dovuto, ma la domanda, per ora senza risposta data la segretezza delle indagini, è: cosa è stato trovato di tanto importante da far emettere un provvedimento grave come l’accusa di “concorso in sequestro”?