Ad una settimana dall’attentato contro la caserma Santa Barbara di Milano, le indagini, lungi dal rallentare, proseguono senza sosta e potrebbero riservare ulteriori imminenti sviluppi.
Polizia e carabinieri, infatti, sarebbero sulle tracce di altri presunti complici. Secondo fonti vicine alle indagini si tratterebbe di una o due persone tra quelle che avevano rapporti con gli arrestati: il libico Mohamed Game, autore materiale dell’azione suicida, l’egiziano Mahmoud Kol e il libico Imbaeya Israfel. La persona o le persone sotto la lente d’ingrandimento degli investigatori sarebbero marginali all’azione terroristica, cioè avrebbero avuto un ruolo di secondo piano.
Gli artefici principali, quindi, rimangono per gli inquirenti sempre i due libici e l’egiziano. Sin dai primi accertamenti l’opinione prevalente degli investigatori era di non trovarsi di fronte a una cellula jihadista, e nemmeno a una rete ramificata e strutturata. E pare che questi ulteriori coinvolgimenti non ne modificheranno l’impressione, anche se è evidente che il gruppo comincia ad essere qualcosa di più articolato che un semplice terzetto di persone disagiate e scalmanate. Intanto emergono ulteriori particolari su alcune indiscrezioni di stampa apparse nei giorni scorsi.
Prima di tutto la famigerata “lista di obbiettivi”, che altro non sarebbe che una “petizione” inviata per lettera da Game ai maggiorenti della città per chiedere aiuto sulla sua situazione personale. La lista dei destinatari, tra i quali figurerebbero le massime cariche istituzionali cittadine, tra cui anche i vertici delle forze dell’ordine, avrebbe dato origine all’equivoco.
La Procura della Repubblica di Milano, che coordina le indagini, ha imposto il massimo riserbo a polizia e carabinieri dopo che alcune indiscrezioni avevano sottolineato possibili testimonianze dirette e spostamenti sospetti per nascondere materiale pericoloso.
Ros e Digos, però, sono certi che dall’appartamento di via Gulli non sia stato portato via nulla. Qualcuno avrebbe visto effettivamente due uomini darsi da fare nei pressi di un’auto parcheggiata, in via Cividali, ma nella casa di Game non ci sarebbe stato alcunché di significativo tranne un appunto e le chiavi che hanno permesso agli investigatori di individuare subito il covo vicino alla caserma dell’attentato. Particolari di rilievo, invece, potrebbero presto venire alla luce dal materiale informatico sequestrato a casa di Game, che è già in corso di lavorazione da parte degli esperti della Polizia postale, che copieranno l’hard disk in attesa delle perizie disposte dall’autorità giudiziaria, e dall’analisi delle polveri e delle miscele esplosive, che sono invece state inviate a Roma per le analisi scientifiche.
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