A un anno di distanza si ripete l’orrore dello stupro nei pressi di Calcutta
Gli orrori si sommano agli orrori in India. L’anno scorso, come si ricorderà, di questi tempi le piazze di Nuova Delhi si riempirono di manifestanti, tantissimi, che protestavano contro il barbaro assassinio di una studentessa di 23 anni che era salita su un autobus insieme al fidanzato e fu stuprata da un branco di giovani che la buttarono fuori dal finestrino, dopo aver malmenato il fidanzato. La ragazza, Amanat, un nome di comodo, morì alcuni giorni dopo. Il clamore fece arrestare i sei giovani, di cui uno si suicidò, il caso divenne nazionale e internazionale. Fece emergere il dramma degli stupri in India, ritenuti un fatto normale, comune, al punto che anche per la politica era un fatto normale, accettato, di solito non perseguito. La polizia, infatti, non si muove nemmeno su denuncia, tanto fa parte delle consuetudini nazionali. Il dramma viene sottovalutato perfino dalle donne in politica. La polizia non fa nemmeno indagini e se qualcuno presenta una denuncia viene guardato di traverso.
Dopo i fuochi d’artificio degli inizi, la protesta popolare si fermò, e tutto rientrò nelle abitudini. Quest’anno c’è stato un caso analogo, ma ancor più brutale, perché poi la ragazza è stata bruciata viva. La prima violenza si è verificata il 26 ottobre, a Madhyamgram, a un’ora e mezza da Calcutta. La vittima, sedicenne, è stata violentata da un gruppo di giovani che l’hanno abbandonata in un campo vicino casa. Il giorno dopo la ragazza si è recata alla polizia e ha presentato una denuncia, ma gliela hanno fatta pagare. Appena, infatti, è uscita dal commissariato, sulla strada verso casa, l’hanno violentata di nuovo. La ragazza è stata trovata priva di conoscenza e ferita vicino ai binari del treno. Il padre, dopo aver presentato denuncia alla polizia, è stato a sua volta minacciato se non avesse ritirato la denuncia. Sei giovani, intanto, vengono arrestati su pressione della gente del posto. Ma non è finita qui. Due giorni prima di Natale, gli aggressori, in libertà, vanno addirittura a casa della ragazza e le danno fuoco. La ragazza muore per le ustioni riportate. Dall’autopsia emerge che era incinta, probabilmente di uno degli aggressori dei mesi precedenti. Prima di morire, però, la giovane ha detto alla polizia che non si era dato lei il fuoco, ma che altri l’avevano fatto dopo averla malmenata e stuprata di nuovo.
Questa nuova vicenda ha suscitato lo stesso clamore di quella dello scorso anno. Le strade di Calcutta si sono riempite di manifestanti, accuse pesanti sono state lanciate all’indirizzo della polizia, colpevole di non aver protetto la ragazza, violentata e ferita proprio dopo essere uscita dal commissariato. Anzi, le accuse alla polizia sono ancora più pesanti. Il padre della ragazza ha rivelato che i poliziotti gli avrebbero chiesto di andarsene, di tornare nel suo Stato, minacciando di togliergli la patente (ha un’auto taxi). Addirittura, dopo la morte della figlia, gli hanno anche impedito di organizzare un corteo funebre pubblico, senza contare che avrebbero premuto affinché il cadavere della ragazza fosse portato al crematorio senza fare i funerali. Insomma, la polizia è potente e non obbedisce a regole democratiche, in quanto tutto dipende dalla polizia stessa, dalle sue priorità e anche dai suoi interessi. Tra questi, evidentemente non c’è la caccia agli assassini, che spesso rimangono impuniti, quando addirittura non esiste una complicità di casta e di genere. La figura di spicco del movimento indiano per i diritti delle donne, Brinda Karat, ha ipotizzato che gli autori della violenza siano legati al partito al potere nel Bengala occidentale. Ecco le sue dichiarazioni: “Questa gang l’ha violentata due volte, lei ha sporto denuncia e hanno avuto la temerarietà di andare fino a casa sua. Godono chiaramente di una qualche condiscendenza politica”.
Le grandi manifestazioni dello scorso anno prefiguravano una presa di coscienza importante tra la popolazione, ma un anno dopo bisogna constatare che le cose non sono cambiate affatto. L’unica misura concreta ancora da prendere sarà l’installazione sui mezzi pubblici di telecamere e Gps che favoriscano la ricerca degli stupratori, tuttavia non ci vuol molto a immaginare che questi sistemi possono essere benissimo oscurati e resi innocui.
A Nuova Delhi il numero degli stupri è rimasto invariato, per contro sono aumentati i casi di denuncia. Nel 2012, tuttavia, delle 706 denunce presentate solo una risolta con una condanna, un po’ poco, vista la violenza a senso unico. L’anno scorso dicemmo che le grandi manifestazioni per i diritti delle donne avrebbero messo in moto una ventata di libertà e di democrazia, ma così non è stato. La strada dei diritti, in India, resta impervia, molto impervia.