Sembra che le cose possano essere tra loro collegate: in Italia 7 persone su 100 non riescono a procreare
Per quanto non sia facilmente intuitivo sembra proprio che l’infertilità femminile possa essere direttamente causata dall’esposizione all’inquinamento atmosferico: secondo uno studio condotto qualche tempo fa dalla Boston University, sembra che vivere in prossimità di strade trafficate ridurrebbe la fertilità delle donne dell’11%.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Human Reproduction, ha analizzato oltre 36 mila donne dal 1993 al 2003, valutando i dati sull’inquinamento nelle aree di residenza. Lo studio ha evidenziato 2500 casi di infertilità di donne residenti a meno di 200 metri da strade trafficate, con un aumento del 5% dell’infertilità primaria, ossia dell’impossibilità di concepire dopo un anno di tentativi, (una cifra troppo bassa per essere considerata statisticamente significativa) e del 21% di quella secondaria, ossia di avere una seconda gravidanza.
“In questo caso l’aumento è statisticamente significativo e anche se a livello individuale può essere considerato non molto alto lo è a livello di una popolazione, perché le donne esposte sono molte”, hanno spiegato i ricercatori.
Il rischio di infertilità provocato dalla vicinanza a zone molto trafficate, inoltre, non sarebbe connesso solo all’inquinamento da smog e da sostanze nocive: anche l’inquinamento acustico provocato dal rumore del traffico rappresenterebbe un ostacolo alla fertilità femminile e dunque, alla possibilità di una gravidanza. Il rumore e i pericoli costanti che una strada piena di auto veloci rappresenta, aumenterebbe infatti nelle donne i livelli di stress e di ansia, con conseguenze negative sulla loro fertilità e sulle capacità di concepire.
Esiste infatti una provata correlazione anche tra infertilità e stress: secondo una ricerca pubblicata sempre sulla rivista Human Reproduction, anche lo stress riduce le probabilità di concepimento. A dimostrarlo una ricerca condotta su 400 coppie.
Per misurare i livelli di stress sono stati scelti due marcatori: l’alfa amilasi, un enzima, e il cortisolo, un ormone, entrambi presenti nella saliva. Dai test condotti è emerso che nelle donne con valori più alti di alfa amilasi, la fecondità si riduce di una quota pari a quasi il 30%. È proprio questo valore che si traduce in un aumentato rischio di infertilità. Le donne più stressate, in altre parole, impiegano più tempo per concepire.
“Lo stress è una realtà della vita moderna con cui le coppie devono fare i conti. Spesso le costringe ad avere meno tempo per se stesse e può in qualche modo influire sulla loro capacità di procreare.
Lo stress infatti agisce con modificazioni funzionali, ormonali o biochimiche sull’organismo.
Tuttavia, non credo che senza modificazioni evidenti e misurabili dell’equilibrio psicofisico dei partner, lo stress possa considerarsi da solo un vero e proprio fattore di rischio dell’infertilità femminile”, ha spiegato il professor Paolo Emanuele Levi Setti. In Italia, 7 persone ogni 100 accusano problemi di infertilità e nella maggior parte dei casi dipende proprio dalle donne. Secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma, basate sui dati riguardanti le coppie che ricorrono ai centri per la procreazione medicalmente assistita per avere figli, nel 46% la causa del problema è l’infertilità maschile, mentre nel 54% dei casi riguarda la donna.