L’ombra della mafia da una parte, l’assalto delle società energetiche con un centinaio di nuove licenze di ricerca di giacimenti: non è roseo il quadro tracciato da Legambiente nel suo rapporto ‘Mare Nostrum 2010’ focalizzato sul Mediterraneo italiano.
“Dove sono presenti le organizzazioni criminali di stampo mafioso – afferma il responsabile scientifico di Legambiente Stefano Ciafani – l’illegalità ambientale va di pari passo”.
Sempre in testa nella classifica delle illegalità stanno le regioni a tradizionale presenza mafiosa, dove è accertato il 59% del totale dei reati’’ ai danni dell’ambiente marino. Una percentuale in crescita: nel 2008 era del 55,5%. La Campania resta al primo posto con 1.514 infrazioni, seguita da Puglia (1.338), Sicilia (1.267) e Calabria (1.160 infrazioni).
In crescita quest’anno gli illeciti nel settore inquinamento (quello derivante da scarichi fognari illegali, cattiva depurazione e inquinamento da idrocarburi cresce del 45%) e le illegalità relative al cemento sulle coste (l’abusivismo edilizio cresce del 7,6% rispetto all’anno precedente), con una spiccata predilezione per le aree di pregio e le isole minori. A cominciare da Ischia, con 25 mila richieste di condono, ma anche Lampedusa, dove fioriscono gli abusi realizzati anche con sostanziosi contributi pubblici, e Lipari, dove è prevista la realizzazione di due nuovi approdi turistici.
O l’Isola d’Elba, dove si pensa all’edificazione di almeno un paio di villaggi turistici.
Intanto, ricorda Legambiente, la seconda sezione della Corte d’appello di Palermo ha bloccato la confisca di 14 ville a Pizzo Sella, la lottizzazione della mafia che affaccia sul mare di Mondello, battezzata “la collina del disonore”.
Rilevante il “caso” Campania: quattro reati al giorno, tre infrazioni per ogni km di costa (per un totale, come detto, di 1.514 infrazioni), 2.577 persone denunciate o arrestate e 1.030 sequestri effettuati.
Le storie di mare raccolte da Legambiente in Campania sono quasi sempre storie di illegalità: veleni scaricati nel golfo, rifiuti e scarichi fuorilegge, petrolio, bracconieri e cemento che dilaga sul demanio. Sono le coste che pagano il prezzo più alto: la Campania, con 702 infrazioni e 480 sequestri, si piazza seconda, a poca distanza dalla Sicilia, per casi accertati di abusivismo sul demanio marittimo nell’ultimo anno.
Detiene il primato invece per il numero di persone arrestate o denunciate, che sono ben 1.363, il 25% del totale nazionale. Epicentro dell’illegalità la periferia di Napoli, l’isola di Ischia, la Costiera Amalfitana e la penisola Sorrentina, dove, secondo i dati della Procura generale della Repubblica di Napoli, a ottobre 2009 erano stati abbattuti 106 immobili.
Breve focus, nel corso della presentazione del rapporto, anche su Venezia, i cui abitanti, si scopre, rientrano nel 15% di cittadini italiani che non hanno a disposizione una rete di fognatura dove scaricare i propri reflui. “In Veneto – afferma en passant Michele Bertucco, presidente regionale di Legambiente – anche i progetti più devastanti sono passati per iter che li hanno resi legali: è necessario ricostruirne i passaggi”.
“Il Mediterraneo è un mare piccolo e chiuso, dove una marea nera comporterebbe danni incalcolabili – avverte Legambiente – la macchia che ha invaso il golfo del Messico alle nostre latitudini coprirebbe l’Adriatico da Trieste al Gargano”.
Secondo quanto reso noto da Legambiente, “molte società energetiche hanno avanzato richieste di ricerca, e in alcuni casi ottenuto permessi in un’estensione di circa 39 mila chilometri quadrati in 76 aree, per la gran parte di elevato pregio ambientale e considerate zone sensibili proprio per i loro ecosistemi fragili e preziosi da tutelare”.
Le attività di ricerca in mare di idrocarburi sono concentrate nel mar Adriatico, nello Jonio e nell’area davanti alla Sicilia meridionale e occidentale: si tratta di 24 permessi di ricerca rilasciati per una superficie complessiva di circa 11 mila chilometri quadrati.
I luoghi più interessati dalle attività di ricerca di petrolio sono la costa tra le Marche e l’Abruzzo con tre permessi, il tratto di costa pugliese tra Bari e Brindisi con due, il golfo di Taranto e il canale di Sicilia con 12. L’ultimo permesso in ordine cronologico è stato rilasciato pochi giorni fa alla Shell Italia per avviare le prospezioni in un’area di mare di 1.356 chilometri quadrati di fronte al golfo di Taranto.
I tratti di mare che rischiano l’arrivo di trivelle e piattaforme, conclude il dossier, nei prossimi anni potrebbero essere molti di più: dal 2008 ad oggi sono state presentate altre 41 domande per 23.408 chilometri quadrati.
La presentazione del dossier saluta, vento in poppa, la partenza di Goletta Verde per la rotta adriatica, per tener d’occhio anche riscaldamento globale, centrali nucleari, traffico di petroliere, navi dei veleni.
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