ll presidente della commissione Giustizia della Camera si dimette da relatore del ddl intercettazioni per un emendamento del Pdl che ne limita la pubblicazione
È rottura tra Pdl e Terzo Polo sul disegno di legge in materia di intercettazioni. Lo strappo si è consumato in commissione giustizia dove è stato approvato l’emendamento del Pdl a firma Costa-Contento che vieta la pubblicazione delle intercettazioni fino al momento dell’udienza-filtro. Di conseguenza Giulia Bongiorno ha rimesso il mandato da relatore come già annunciato con una conferenza stampa del Terzo Polo. “Non mi riconosco per nulla in questo testo – ha detto Bongiorno ai cronisti lasciando la commissione Giustizia – per questo ho rinunciato al mandato. Ora non so cosa succederà, ci sono tantissimi emendamenti nuovi ma da questo momento in poi io non sono più relatrice”. Con le modifiche introdotte dalla maggioranza, ha spiegato ancora Bongiorno “si è inciso esattamente nella parte che si è più dibattuta. Questa parte del testo era stata oggetto di lunghissimi incontri con Alfano, Ghedini, lo stesso Costa, i direttori dei giornali. Io avevo portato avanti un testo dicendo sì come relatore a determinate condizioni – ha spiegato ancora Bongiorno – frutto di due anni e mezzo di colloqui. Ora improvvisamente si decide nel giro di due giorni di portare in aula un testo con lo stravolgimento della parte sulla quale si era raggiunto l’accordo politico”. Al suo posto la commissione ha nominato, su indicazione della stessa Bongiorno e con i voti della sola maggioranza, il capogruppo del Pdl Enrico Costa che parlando con i cronisti ha spiegato: “Dal punto di vista tecnico avremmo apprezzato che l’onorevole Bongiorno continuasse a svolgere il suo ruolo di relatore. Questa sua scelta ha un significato non solo personale ma anche politico, è ovvio”. Il nuovo relatore del ddl intercettazioni ha poi difeso l’emendamento che ha portato alle dimissioni di Bongiorno: “Molti del nostro gruppo avrebbero voluto recuperare un divieto di pubblicazione fino all’udienza preliminare, noi invece l’abbiamo anticipato al momento dell’udienza-filtro. Con questo emendamento il testo assume una sua completezza e serve a concludere il percorso che era già stato avviato con il testo predisposto dall’onorevole Bongiorno”. Sostegno alla Bongiorno è stato espresso dalla capogruppo del Pd in commissione giustizia Donatella Ferranti che parla di un “atto di coerenza di fronte ad emendamenti della maggioranza che smontano il testo. Il fatto che la Bongiorno abbia lasciato l’incarico di relatore – ha detto Ferranti – è un comportamento rispettoso del lavoro del parlamentare e coerente con il ruolo che deve svolgere il relatore”. Secondo Ferranti inoltre “il fatto che il nuovo relatore sia stato nominato con i voti della sola maggioranza non solo lo indebolisce ma dimostra che in realtà non c’è nessuna volontà di costruzione o di dialogo ma solo la necessità di portare a casa un prodotto per tacitare le richieste del Presidente del Consiglio”. Le dimissioni della parlamentare di Futuro e Libertà è stata il preludio ad una giornata che ha avuto uno dei suoi momenti clou nella mobilitazione promossa dalla Federazione della stampa al Pantheon, nel corso della quale è intervenuto anche il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, che ha esortato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ad inviare un messaggio alle Camere. “Se non ora, quando?” ha detto l’ex pm riprendendo lo slogan che in febbraio aveva portato fortuna al movimento delle donne. Di Pietro ha aggiunto che “la gente è disgustata ed il rischio che si passi dalla protesta alla rivolta sociale è molto concreto, ed è proprio quello che noi non vogliamo”. A protestare in piazza contro il disegno di legge c’erano anche, unite dalla tragica scomparsa dei loro cari, Ilaria Cucchi, Patrizia Moretti, Lucia Uva e Domenica Ferrulli, che hanno urlato a gran voce il proprio no alla nuova legge. Davanti ai volti, alcuni insanguinati, di Federico, Stefano, Giuseppe e Michele, hanno chiesto senza mezze parole “che i politici tornino ad occuparsi della gente e non delle proprie cose private”. Per spiegare i danni derivanti dall’approvazione della legge sulle intercettazioni, le quattro donne hanno portato i propri tragici casi: “Se fosse stata in vigore questa legge – hanno spiegato – nessuno dei nostri casi giudiziari sarebbe diventato tale”. “Divulgare non ha permesso a chi lo voleva di nascondere i fatti” e anche per questo “discutere delle intercettazioni – ha spiegato Patrizia Moretti, madre di Federico Aldovrandi – è solo una perdita di tempo. È stato possibile mostrare all’Italia le foto qui esposte grazie alla libertà di stampa”.