Incontrato alla Giornata letteraria di Soletta dove presentava il suo teatro civile “Il secondo figlio di Dio”, Leo Caruso e Bruno Indelicato di Radio Lora Italiana hanno intervistato Simone Cristicchi che ha raccontato di questo personaggio…
Da qualche anno ti occupi di teatro civile, l’ultimo lavoro, “Il secondo figlio di Dio”, che stai portando nei teatri italiani, parla di questa particolare figura di uomo, vissuto nel corso del 1800, fondatore della Chiesa giurisdavidica, predicatore ottocentesco che hai fatto conoscere al grande pubblico con successo. Cosa ti ha colpito di questo personaggio?
Davide Lazzaretti innanzitutto è stato un uomo straordinario per certi versi. Perché con la sua predicazione e la sua forma di ideologia ha lasciato un solco profondo nelle persone che lo hanno conosciuto e che a loro volta hanno mantenuto in vita il messaggio universale di fratellanza che predicava. Ma Davide è stato classificato comunque in vari modi: per lo stato era un sovversivo rivoluzionario, per la chiesa un eretico, per la scienza un matto affetto da manie religiose, ma per la gente che lo conosce non è così di facile definizione e tuttora è considerato un santo.
Ed era anche un precursore dei tempi, ad esempio già all’epoca era d’accordo nel dare il voto alle donne…
Sì, in questo lui fu veramente visionario ed ebbe una visione alta del mondo. Nel 1871 in particolare, lui fonda una società per le famiglie cristiane, dove la donna doveva ricoprire incarichi di altissima responsabilità in un mondo come quello della metà dell’800, dove la donna era più o meno considerata come un mulo o una una bestia.
Ne “Il secondo figlio di Dio”, edito da Mondadori, si conosce il personaggio di Davide Lazzaretti attraverso colui che poi lo ucciderà, il carabiniere Antonio Pellegrini…
Sì, la figura del Pellegrini è realmente esistita. Mi è stata utile per entrare nella storia come narratore principale, lui spara il proiettile che ucciderà il profeto di Arcidosso e, preso da un rimorso profondo per aver ucciso un uomo innocente ma soprattutto un profeta, sotto mentite spoglie, fa una sorta di indagine per capire chi fosse quel uomo.
Hai posto l’accento sulla fatica che fai per entrare in questa parte. Mi sono chiesto come ci si prepara?
Innanzitutto la scenografia dello spettacolo è composta da un carro ottocentesco molto grande che è una macchina teatrale di continua trasformazione. Io faccio un lavoro di montaggio e smontaggio continuo di questo carro, che diventa trono papale, una grotta, una chiesa, un pulpito. Di conseguenza la preparazione, non so come dire, sicuramente per me che non faccio sport, è stata dosare l’energia in modo da arrivare alla fine dello spettacolo tutto sano e per intero!
Parlando del tuo bagaglio molto misto fatto di canzoni, aneddoti su come sono nate, il Festival di Sanremo, ma fatto anche di teatro. C’è uno di questi percorsi di vita dove ti senti più a casa?
Sono cinque anni che mi dedico quasi solamente al teatro. Questa cosa è cresciuta in maniera esponenziale, mi è esplosa tra le mani: mi sono ritrovato da fare piccoli teatri nelle provincie a calcare invece gli stabili di tutta Italia. Da Palermo ad Aosta, al Veneto, Friuli etc, credo di aver trovato il mio habitat naturale sul palcoscenico del teatro, dove posso esprimere tutti i miei talenti e creare questa sorta di linguaggio tutto mio che non è teatro-canzone alla Gaber, ma è musical civile alla Cristicchi.
Questo non vuol dire che un giorno non ritornerò a scrivere un disco, anche perché ne ho scritto solo quattro. Grazie alla musica ho trovato la mia strada, quindi non dimentico le mie radici. Un giorno ritornerò con un disco e lo farò solo per il gusto di farlo perché oggi, come sapete, si vendono pochissimi dischi, quindi bisogna essere tanto fortunati.
Adesso mi piacerebbe uscire fuori dallo scantinato della memoria e parlare di quello che ci circonda. Mi piacerebbe portare sul palcoscenico l’idea di una bellezza universale che abbiamo tutti i giorni davanti agli occhi ma che, invece, forse non riusciamo più a vedere, tramite un personaggio, una sorta di bambino cresciuto o un vecchio bambino. Spero di portarlo anche tra voi in Svizzera.
A proposito di Svizzera, la conoscevi già e come la vedi?
Sì, già la conoscevo perché ho degli amici a Chiasso e a Bellinzona. Quando ho il tempo di girare scopro che questa è una terra bellissima. Capisco anche perché tanti vogliono venire a viverci!
Leo Caruso
Bruno Indelicato