Si impenna ulteriormente a Teheran la tensione con la Ue e in particolare con la Gran Bretagna, accusata di avere ordito un complotto contro le elezioni. Otto dipendenti iraniani dell’ambasciata britannica a Teheran sono stati arrestati e la Guida suprema, ayatollah Ali Khamenei, ha avvertito che conseguenze ancora “più amare” attendono chi vorrà protestare attraverso i raduni di popolo.
Un chiaro riferimento al candidato moderato Mir Hossein Mussavi.
Manifestanti, secondo notizie non confermate, sono tornati intanto in piazza radunandosi vicino alla moschea Ghoba, nella parte settentrionale di Teheran, dove era prevista una commemorazione dell’attentato che nel 1981 uccise l’ayatollah Mohammad Beheshti, all’epoca numero due del regime dopo la rivoluzione. Notizie sempre non confermate hanno parlato di scontri tra dimostranti e polizia.
La notizia dell’arresto dei dipendenti della sede diplomatica britannica è stata data, senza citare fonti, dall’agenzia Fars, vicina al governo del presidente Mahmud Ahmadinejad.
Secondo l’agenzia, gli otto avrebbero avuto “un ruolo” nei disordini seguiti alle elezioni presidenziali del 12 giugno. Il ministro degli Esteri britannico, David Miliband (foto a lato), ha dichiarato da Corfù che si tratta di “un’inaccettabile intimidazione e una vessazione”.
La “immediata liberazione” degli arrestati è stata chiesta anche in una dichiarazione comune dei ministri degli Esteri della Ue, riuniti a Corfù per il vertice Osce, che hanno invitato anche le autorità di Teheran a porre fine “all’intimidazione e persecuzione” dei dipendenti di ogni altra rappresentanza dell’Unione, altrimenti si scontreranno con una “forte e comune risposta” europea.
“Non possiamo accettare l’arresto dei funzionari di una ambasciata”, ha detto da parte sua il capo della Farnesina, Franco Frattini. Il ministro degli Esteri iraniano, Manuchehr Mottaki, ha accusato domenica scorsa la Gran Bretagna di avere ordito un complotto contro le elezioni presidenziali.
Il giorno dopo l’Iran ha espulso due diplomatici britannici dell’ambasciata a Teheran, e Londra ha risposto con l’espulsione di due diplomatici iraniani. Successivamente il ministro dell’Intelligence, Gholamhossein Mohseni-Ejei, ha dichiarato che tra gli identificati come fomentatori dei disordini vi erano alcune persone con passaporto britannico.
Tra gli arrestati nell’ultima settimana vi è anche un giornalista del quotidiano americano Washington Times, Iason Athanasiadis-Fowden, con doppia cittadinanza greca e britannica.
L’ayatollah Khamenei è tornato ad attaccare duramente “gli Usa ed alcuni Paesi europei” per quelle che ha definito le loro “dichiarazioni assurde” sulle elezioni iraniane e le violenze che ne sono seguite.
Khamenei ha anche lanciato un duro avvertimento all’ex candidato moderato Mir Hossein Mussavi e a quello riformista Mehdi Karrubi, che non hanno accettato la proposta di ricontare il 10 per cento dei voti avanzata dal Consiglio dei Guardiani e continuano a chiedere l’annullamento delle elezioni da cui è uscito rieletto il presidente Mahmud Ahmadinejad. La Guida, citata dalla televisione di Stato, ha ribadito che tutti devono seguire “le vie legali”. Altrimenti, ha aggiunto, “i risultati saranno ancora più amari per certe persone”.
Da oltre una settimana non si registrano a Teheran e nelle altre città manifestazioni di rilievo, dopo la repressione attuata dalle forze di sicurezza.
Il bilancio ufficiale parla di 17 morti.
Da Parigi, la Federazione internazionale dei diritti umani (Fidh), ha detto che oltre duemila persone sono state arrestate in Iran dopo le elezioni e centinaia risultano scomparse.
La commemorazione che si sarebbe dovuta tenere in una moschea di Teheran per l’anniversario dell’uccisione dell’ayatollah Beheshti era stata proibita dalle autorità.
Alcuni blog avevano detto che all’evento, promosso dalla famiglia di Beheshti, avrebbe dovuto presenziare Mussavi insieme al figlio dell’ayatollah Ali Reza, che è vicino all’ex candidato moderato. L’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani, considerato tra i principali sostenitori di Mussavi, ha infine ribadito che il Consiglio dei Guardiani deve compiere “un esame equo e approfondito” sui ricorsi presentati dai candidati sconfitti, pur assicurando la sua fedeltà all’ayatollah Khamenei.
Concetti già espressi in un comunicato diramato del Consiglio per gli interessi dello Stato, un organo di arbitrato fra diverse istituzioni guidato dallo stesso Rafsanjani.