È di 42 morti il bilancio dell’attentato kamikaze contro un gruppo di capi tribù sciiti e sunniti avvenuto domenica mattina, 18, in Iran alle 8.30 locali (le 6.30 del mattino in Italia) a Pisheen, nella provincia meridionale del Sistan-Baluchistan, al confine con Pakistan e Afghanistan.
Un uomo imbottito di tritolo si è fatto esplodere all’approssimarsi dell’auto sulla quale viaggiavano quattro importanti ufficiali dei Guardiani della rivoluzione, la guardia d’elite della Repubblica islamica, tutti rimasti uccisi: il comandante delle Guardie della provincia del Sistan-Baluchistan generale Mohammad-Zadeh, Nour Ali Shoushstari, comandante del battaglione Al Qods, corpo d’elite delle forze di sicurezza iraniane, il comandante per la città di Iranshahr e quello dell’unità Amir al-Momenin.
I quattro ufficiali stavano per fermarsi davanti alla palestra nella quale doveva tenersi un’assemblea cittadina. Per questo il luogo era molto popolato e decine di persone sono rimaste uccise e ferite a causa dell’esplosione. Si tratta del più grave attentato mai compiuto contro esponenti dei Guardiani della rivoluzione.
Sempre nel Sistan-Baluchistan si ricorda, nel febbraio 2007, l’uccisione a causa di una bomba di 11 Pasdaran che viaggiavano su di un autobus. L’attentato è stato rivendicato dal gruppo sunnita Jundallah (Soldati di Dio) ma il Presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha parlato di “un crimine perpetrato da agenti degli stranieri” come anche di una “fonte permanente d’onore per la rivoluzione islamica” definendo un “martirio” quello degli alti ufficiali rimasti vittime e del quale si è anche “congratulato” nel messaggio di condoglianze inviato ai familiari. Alle accuse del Presidente Mahmud Ahmadinejad hanno fatto seguito quelle del presidente del Parlamento iraniano, Ali Larijani, che ha accusato senza mezzi termini gli Stati Uniti di essere dietro all’attentato: “È il risultato delle azioni degli americani” ha detto, “l’obiettivo dei terroristi è di turbare la sicurezza nella provincia e impedirne lo sviluppo economico”. Ed ha quindi smentito il Presidente Usa sulla sua volontà di dialogo: “Obama aveva detto che tendeva la mano all’Iran, ma con quest’azione la sua mano l’ha bruciata. Il popolo iraniano ha ragione di non credere ai cambiamenti promessi dal governo americano, che è contro i loro interessi”.
Lo stesso Larijani ha anche lanciato i suoi strali contro Londra, dicendola “direttamente coinvolta”.
Accuse – che rimandano a quelle del recente passato da parte di Teheran contro Usa e Gran Bretagna per il loro presunto appoggio all’armamento dei gruppi separatisti nelle zone iraniane di frontiera – confermate anche da una nota ufficiale dei Pasdaran, letta alla tv di Stato: “L’arroganza globale – afferma la nota – ha provocato i mercenari che hanno compiuto l’attacco terroristico contro i Pasdaran e i notabili dei gruppi etnici locali” e che “senza dubbio rientra nella strategia degli stranieri, dei nemici dell’establishment e della rivoluzione minare l’unità fra sciiti e sunniti e mostrare che i Guardiani della rivoluzione sono incapaci di garantire la sicurezza di questa provincia”.
Dietro l’attentato, tuttavia, oltre al gruppo sunnita iraniano Jundallah, già artefice di altre azioni di guerriglia (l’ultima tra le più gravi a maggio, con un attacco kamikaze contro una moschea sciita a Zahedan, sempre nel Sistan-Baluchistan, che ha causato 25 vittime), si ipotizza la mano di un gruppo di estremisti coinvolto nel traffico di droga nelle zone di confine tra Afghanistan e Pakistan.
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