La nota di politica internazionale di questa settimana non può passare sotto silenzio il ping-pong che si sta giocando tra l’Iran e l’Aiea, l’Associazione Internazionale per l’Energia Atomica che per conto dell’Onu tratta sulla questione nucleare, l’attentato in Pakistan che ha preceduto l’arrivo del Segretario di Stato americano Hillary Clinton e i giochi politici per la nomina del presidente dell’Unione e del ministro degli Esteri europeo.
Cominciamo dalla trattativa che sembra non finire mai tra l’Iran e l’Aiea.
Come si ricorderà, la rigidità dell’Iran sul nucleare e il lancio di missili balistici hanno ancor più messo in allarme Stati Uniti, Francia e Inghilterra sulle reali intenzioni dell’Iran di Mahmud Ahmadinejad. I tre Stati occidentali avevano dato un ultimatum all’Iran, scaduto il quale ci sarebbero state nuove e più severe sanzioni. L’America, addirittura, malgrado l’apertura del dialogo lanciato da Obama, aveva parlato di “pazienza che ha un limite”, facendo intendere che tutte le opzioni erano possibili, quindi anche la forza militare.
Prima delle elezioni in Iran, l’offerta di Obama aveva disorientato il presidente, il quale, anche per esigenze elettorali, aveva risposto alzando i toni e minacciando. Poi c’erano state le elezioni, la riconferma messa in dubbio dagli avversari e la repressione, cui sono seguite in tempi recenti impiccagioni e torture. Insomma, il presidente iraniano ha fatto la voce grossa all’interno e all’esterno, ma, una volta ripreso in mano il controllo della situazione interna, ecco che Mahmud Ahmadinejad torna al suo vecchio gioco: quello del bastone e della carota per guadagnare tempo.
All’opinione pubblica internazionale dice che è suo diritto operare per il nucleare civile, ma in realtà vuole arrivare alla costruzione della bomba nucleare per “cancellare Israele dalla faccia della terra”, secondo la sua espressione. L’ultima di una serie di indizi è la scoperta di un sito segreto per l’arricchimento dell’uranio a Qom.
Ovviamente, non si costruisce una bomba nucleare come se fosse un’automobile, c’è bisogno di tempo ed è quello che l’Iran vuole guadagnare, tirando per le lunghe le trattative, dando qualcosa per poi correggere il tiro e protrarre così all’infinito il ping-pong, in modo da poter lavorare in segreto fino alla costruzione dell’arma nucleare.
Le ultime notizie sono che l’Iran ha accettato di sedersi attorno ad un tavolo, ha accettato anche che l’uranio fosse arricchito in Russia al 20% e fosse poi trasportato in Francia per essere trasformato in barre di combustibile destinate ad alimentare un reattore nucleare che produce isotopi radioattivi per la cura del cancro.
Ma poi, al momento dell’accettazione della proposta, ha tergiversato, proponendo, prima, di acquistare uranio all’estero, poi, di mandare in Russia uranio iraniano ma un poco alla volta, in modo, evidentemente, da mantenerne in Iran una quantità sufficiente per lavorare alla bomba.
È a questo punto che anche America, Francia e Inghilterra, con il consenso della Russia, si sono irrigidite ed hanno chiesto un “impegno formale” all’Iran. In sostanza, a Mahmud Ahmadinejad non sarà consentito di condurre la danza ed allora il gioco si fa pesante, da entrambe le parti, con le sanzioni e con l’irrigidimento, anche per dimostrare agli oppositori che lui intende fare gli interessi dell’Iran fino in fondo.
Intanto, però, è scoppiato il caso dello studente che, dopo aver posto la domanda alla Guida Suprema, Alì Khamenei, sul “perché nessuno la critica”, è scomparso. Si tratta di fatti raccapriccianti.
Sull’attentato in Pakistan il messaggio è chiaro: il terrorismo sta tentando in ogni modo di contrastare l’iniziativa occidentale in Afghanistan, iniziativa che o sarà una politica di aiuti ai talebani moderati per staccarli dal terrorismo e dai talebani oltranzisti o sarà quella di aumentare il numero dei soldati per controllare tutto il territorio. Evidentemente la seconda strategia non esclude anche la prima.
Per una decisione definitiva, si attende l’esito delle elezioni del 7 novembre per vedere chi vincerà tra Hamid Karzai e Abdullah Abdullah, il quale, all’ultimo momento, ha rinunciato, non sentendosi garantito sulla regolarità delle elezione, ma, così facendo, ha fatto il gioco del suo avversario.
L’ultimo fatto è l’elezione del ministro degli Esteri dell’Unione. Sembra che stia tramontando la candidatura a presidente dell’inglese Tony Blair e sembra che prenda quota la candidatura di Miliband, attuale ministro degli Esteri inglese, socialista, a alto rappresentante della politica internazionale e della sicurezza, ma il fatto importante per l’Italia è che la rosa dei nomi comprende anche Massimo D’Alema. Fatto ancora più importante è che la candidatura di D’Alema è sostenuta da Berlusconi e dal governo italiano che mette da parte le polemiche politiche nazionali per presentare una candidatura nazionale.
Non sappiamo quante chances abbia D’Alema di essere eletto ministro degli Esteri dell’Unione, probabilmente poche, ma quello che conta è il messaggio. L’appoggio della maggioranza, malgrado il Pd in Europa non abbia perso occasioni per delegittimare il governo Berlusconi e la sua persona, sta a significare la possibilità che nasca un clima nuovo, di cui in Italia c’è estremo bisogno.
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