Con il logo salafita l’Is rivolge al personale dell’Università irachena di Mosul una “circolare” che vieta diverse facoltà come “Educazione fisica e Filosofia”, ma vieta anche parlare di “democrazia e libertà”
Educazione fisica, Belle arti, Filosofia e Archeologia. Queste, ma non solo, le facoltà che lo Stato islamico (Is) ha bandito dall’Università irachena di Mosul, dichiarandole ufficialmente “illegali”. Con una “circolare” su carta intestata con il classico logo salafita che l’Is ha adottato come suo simbolo, ossia la scritta bianca su fondo nero ‘Non c’è dio se non Dio’, il cosiddetto Ufficio Istruzione si rivolge “a tutto il personale docente, amministrativo e impiegatizio dell’Università e degli Istituti di Mosul”, vietando, tra l’altro, di parlare di democrazia.
Il documento, che porta la data del 18 ottobre ed è stato rilanciato sui social media lo scorso lunedì, annuncia la cancellazione di alcuni corsi di studio e diffonde le nuove “regole” a cui si dovranno attenere i docenti. In particolare, negli atenei del ‘califfato’ non ci sarà più spazio per le facoltà di “Diritto, Scienze politiche, Belle arti, Archeologia, Educazione fisica, Filosofia e Scienze alberghiere”, così come sarà vietato parlare di “democrazia, cultura, diritti e libertà”. Al bando anche “la narrativa e il teatro nelle classi di lingua inglese e francese e la traduzione”. Proibito anche “fare domande sull’interesse a usura, sui principi del nazionalismo iracheno, su fatti storici fasulli o sulle divisioni geografiche”, quesiti che le autorità dello Stato islamico considerano “contrari alla sharia islamica”. Tra le regole che tutti gli insegnanti saranno tenuti a rispettare, figura in primis “la separazione tra maschi e femmine”, poi “l’abolizione della frase ‘Repubblica irachena’, da sostituire con ‘Stato islamico’” e infine “l’abolizione della frase ‘ministero dell’Istruzione superiore’, da sostituire con ‘Ufficio Istruzione’”. La circolare precisa che queste misure sono state adottate “dopo aver preso in considerazione le questioni dei musulmani e in conformità con l’interesse pubblico”, ma anche alla luce di una “indagine sulle opinioni dei musulmani”. Tutte misure che il documento definisce “vincolanti”, annunciando “sanzioni” per gli eventuali trasgressori.
Intanto il New York Times ha pubblicato un lungo articolo in cui, sulla base delle testimonianze di 5 ostaggi che l’Is ha liberato, ricostruisce l’orrore delle prigioni in cui sono stati rinchiusi gli ostaggi. I militanti sarebbero particolarmente accaniti contro Foley, il 40enne giornalista americano rapito nel 2012 che è stato il primo ostaggio ad essere decapitato di fronte alla telecamera dell’Is. Prima della morte, Foley, scrive ancora il Times, ha dovuto subire pestaggi, torture con il ‘waterboarding’, il finto annegamento usato anche dalla Cia con i sospetti terroristi, e finte esecuzioni. Il giornale newyorkese sottolinea che Foley e gli altri tre ostaggi poi uccisi – il giornalista americano Steve Sotloff ed i due britannici David Haines e Alan Henning – erano torturati più degli altri perché i loro governi si rifiutavano, a differenza di quelli di altri ostaggi, di trattare per il pagamento di riscatti.
Ma il Times rivela anche che Foley si sarebbe anche convertito all’Islam, adottando il nome di Abu Hamza. Spesso gli ostaggi occidentali di gruppi estremisti islamici si convertono in modo fittizio nella speranza di migliorare così la situazione. Ma, raccontano le fonti del Times, la conversione di Foley sarebbe stata sincera, come quella di Peter Kassig, l’ex Army Ranger che l’Is ha indicato come il prossimo ostaggio che verrà decapitato. Kassig è, sempre secondo il Times, uno dei tre occidentali rimasti in mano dell’Is, insieme al britannico John Cantlie e una donna americana di cui non è stata rivelata l’identità. Intanto lo Stato islamico ha diffuso un altro video, il quinto, dell’ostaggio britannico John Cantlie, da due anni in mano ai jihadisti in Siria. Nel filmato, di 6 minuti e 30 secondi, il prigioniero denuncia quella che definisce “la verità scomoda” sugli Stati Uniti e la Gran Bretagna che non negoziano il rilascio dei propri cittadini. Il video è stato pubblicato sabato su Twitter ed è prodotto dalla al Furqan Media Foundation, rende noto Site, sito americano specializzato nel monitoraggio della minaccia jihadista sulla Rete.
“Salve io sono John Cantlie, il cittadino britannico abbandonato dal mio governo e prigioniero dello Stato Islamico da quasi due anni”, afferma Cantlie che legge anche un presunto scambio di mail tra i familiari degli ostaggi e l’Is, in cui si lamenta l’assenza di intervento ed aiuto da parte del governo americano. “L’elemento ricorrente in queste mail – ha affermato – è che il governo americano non ha fatto semplicemente niente per aiutare le famiglie coinvolte nei negoziati. I mujaheddin (ndr “combattente impegnato nel jihad”) ci hanno detto che i nostri governi non si interessavano a noi e non gli abbiamo creduto. Ma era tutto vero – conclude – i nostri governi hanno scelto di non negoziare con l’Is attraverso le nostre famiglie. E mentre tutti gli altri hanno rispettato le condizioni per il rilascio, per noi non c’è stato accordo”.