Obama: “Non paghiamo riscatti, tentammo raid per liberarla”
Gli Stati Uniti, al contrario di quanto fanno alcuni Paesi europei, non pagano riscatti per liberare i loro cittadini sequestrati da organizzazioni terroristiche. Il presidente Barack Obama, a poche ore dalla conferma della morte della cooperante Kayla Mueller rapita dai jihadisti dello Stato Islamico, difende la ormai consolidata politica americana. “Una cosa alla quale ci siamo attenuti è la politica di non pagare riscatti a organizzazioni come l’Is. Il motivo è che se iniziassimo a farlo, non solo finanzieremmo il massacro di persone innocenti e rafforzeremmo la loro organizzazione, ma renderemmo gli americani bersagli ancora più in vista per futuri sequestri”, spiega Obama in un’intervista a BuzzNews.
Lo Stato Islamico ha inviato una fotografia via email a Carl e Marsha Mueller per confermare la morte della figlia, la cooperante statunitense tenuta in ostaggio dai jihadisti dell’Is dall’agosto 2013. Secondo quanto riporta Cbsnews, l’immagine mostra che la giovane cooperante è morta “negli ultimi giorni”, ma non fornirebbe indicazioni precise sulla data e le cause del decesso. L’intelligence americana ha potuto verificare l’autenticità della foto.
“Con il cuore infranto, noi vi comunichiamo che abbiamo ricevuto la conferma che nostra figlia è morta – hanno dichiarato i Mueller – Kayla era una cooperante piena di compassione e dedizione, ha dedicato la sua intera giovane vita ad aiutare chi ha bisogno di libertà, giustizia e pace”. Ricordando l’impegno della 26enne, Obama ha affermato: “Non importa quanto tempo ci vorrà, gli Stati Uniti troveranno e porteranno davanti alla giustizia i terroristi responsabili del sequestro e della morte di Kayla”. Lo Stato Islamico, ha proseguito il presidente Usa, è “un gruppo terrorista odioso e abominevole le cui azioni sono in netto contrasto con lo spirito di persone come Kayla”. Il presidente dice di essersi sentito con il “cuore spezzato” nell’apprendere della morte della giovane cooperante. Parlare con le famiglie dei rapiti, che chiedono che sia fatto di tutto per salvare i loro cari, “è dura come ogni cosa che faccio”, dice Obama. “Faremo tutto ciò che possiamo, tranne fornire un incentivo alla cattura di altri americani”, ribadisce. “Abbiamo dedicato e sempre dedichiamo enormi risorse per la liberazione di prigionieri e ostaggi in ogni parte del mondo”, prosegue. Il presidente poi rivela che fu tentato un raid per liberare la Mueller: “Ho ordinato un’intera operazione, con rischi significativi, per liberare non solo lei ma altre persone che erano tenute prigioniere e probabilmente li abbiamo mancati per un giorno o due”. Il riferimento è ad un raid effettuato dai commandos della Delta Force in una raffineria di petrolio nel nord della Siria.
I contatti tra la famiglia Mueller e l’Is sarebbero stati avviati la scorsa estate quando, dopo mesi di assoluto silenzio, i rapitori hanno contattato i genitori della ragazza, fornendo loro una prova in vita e chiedendo un riscatto di quasi 7 milioni di dollari e fissando anche una deadline per il 13 agosto scorso, secondo quanto riporta la Cnn citando una fonte vicino alla famiglia. Laureatasi all’università dell’Arizona nel 2009, Kayla era partita subito per missioni umanitarie, in India, Israele e Territori Palestinesi. Tornata in Arizona due anni dopo aveva lavorato in un centro di assistenza per donne e in una clinica per malati di Aids. Ma era presto tornata a viaggiare e, dopo un periodo in Francia, si era recata sul confine tra Turchia e Siria, lavorando con il Danish Refugee Council e l’associazione Support to Life. Quindi era andata ad Aleppo, insieme al suo fidanzato siriano. “I siriani stanno morendo a migliaia e stanno combattendo per ottenere almeno di parlare dei diritti che invece noi abbiamo. Finché vivrò, non lascerò che questa sofferenza sia considerata normale”, aveva affermato in un’intervista rilasciata nel 2013 pochi mesi prima di essere rapita.
Dopo la conferma della morte di Kayla Mueller, sono emersi altri dettagli della prigionia della giovane cooperante americana tenuta in ostaggio dallo Stato Islamico. Secondo quando riportano media americani, tra i quali Abcnews, citando fonti dell’antiterrorismo, Mueller era stata data in sposa ad un comandante dell’Is. “Non veniva considerata come un ostaggio o qualcuno da scambiare”, hanno detto le fonti dell’emittente americana.
In una lettera inviata dalla Mueller ai familiari lo scorso anno, la giovane scriveva di essere “in un luogo sicuro, in salute e senza pericoli. Mi trattano con il massimo rispetto e cortesia”. Secondo quanto reso noto da fonti americane che gestiscono i casi degli ostaggi occidentali dell’Is, Mueller nei mesi di prigionia sarebbe stata in contatto per breve tempo con gli ostaggi maschi e avrebbe anche scambiato con loro messaggi scritti. Ma per la maggior parte dei mesi di prigionia è stata tenuta separata dagli altri ostaggi.
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