La nave con a bordo 4.229 persone tra passeggeri e membri dell’equipaggio era partita da Civitavecchia circa due ore e mezza prima dell’incidente: i passeggeri erano a cena quando si è avvertito un forte boato e si sono succeduti diversi black out. La scatola nera, intanto, dà le prime conferme a quello che tutti, al Giglio, hanno visto: la Concordia era a soli 150 metri dalla costa, un punto dove non avrebbe mai dovuta essere e l’allarme è stato dato un’ora dopo l’impatto
Sono due turisti francesi, un peruviano, membro dell’equipaggio, due uomini anziani ritrovati in una cabina con indosso i giubbotti salvagente due giorni dopo la tragedia e un uomo recuperato soo nel tardo pomeriggio di lunedì 16, le vittime del naufragio della nave da crociera Costa Concordia avvenuto la sera di venerdì 13. Sale dunque a 6 vittime il bilancio dell’incidente avvenuto al largo dell’isola del Giglio, bilancio destinato probabilmente a salire ancora, visto che i numeri ufficiali parlano di 16 dispersi tra i 4.229 che erano a bordo. Verifiche sono in corso sui dispersi soprattutto nella parte della nave che risulta sommersa dove sono all’opera squadre di sommozzatori per verificare se qualcuno sia rimasto intrappolato. Nella notte di domenica sono stati tratti in salvo due sposini coreani in luna di miele, che erano rimasti intrappolati nella loro cabina. Il lavoro senza sosta dei vigili del fuoco ha permesso di raggiungere sulla nave, verso le 9,40 di domenica mattina, anche una terza persona, il capo commissario di Bordo Marrico Giampetroni, bloccato sul ponte 3 della nave. Secondo quanto si è appreso, il commissario capo di Bordo è stato rintracciato seguendo i rumori che sono stati avvertiti dai vigili del fuoco mentre ispezionavano la nave. L’uomo è stato tratto in salvo con un’operazione spettacolare: messo su una barella e immobilizzato, è stato caricato su un elicottero dei vigili del fuoco con un verricello. “Ho sempre sperato nella salvezza, ho vissuto 36 ore di incubo”, le sue prime parole arrivato all’ospedale di Grosseto.
Venerdì sera il capo commissario di bordo si è adoperato per ore a bordo della nave dei sogni naufragata per aiutare la gente a salire sulle scialuppe. Poi dal ponte è sceso al piano sottostante per verificare se ci fosse ancora qualcuno. Ma è scivolato e si è rotto una gamba, per questo è rimasto bloccato nel ristorante del terzo ponte. Sommozzatori e specialisti dei nuclei speleo-fluviali dei vigili del fuoco procedono ispezionando cabina per cabina con la speranza di raggiungere altre persone rimaste intrappolate. Quando sulla Costa Concordia sono partiti i black out elettrici dopo l’impatto con uno scoglio, si sono bloccate le serrature elettroniche delle porte delle cabine, che vengono aperte con badge, e non è escluso che qualcuno sia rimasto chiuso dentro anche per questo senza poter fuggire. Intanto il capitano della Costa Concordia Francesco Schettino è stato arrestato per pericolo di fuga e possibile inquinamento delle prove, come confermato dal procuratore capo di Grosseto. I reati contestati a lui e al primo ufficiale in plancia, Ciro Ambrosio, sono omicidio colposo plurimo, naufragio e abbandono della nave mentre c’erano ancora molti passeggeri da trarre in salvo. Molti gli interrogativi sull’incidente alla nave che, secondo alcuni passeggeri, sarebbe stata fuori rotta di alcune miglia e stava seguendo una “rotta sbagliata, non doveva trovarsi nel punto dove ha impattato lo scoglio”, secondo una fonte vicina all’inchiesta tecnica avviata per chiarire le cause dell’incidente. “Se questo sia avvenuto per un errore umano, per un guasto ai dispositivi di bordo o per la concomitanza di entrambe le cause – ha detto la stessa fonte – dovrà essere accertato dalle indagini appena avviate”. “Quella roccia non era segnalata sulla carta, non c’era, non doveva esserci”, si è difeso il comandante con gli investigatori che stanno cercando di capire come e perchè la Concordia, gioiello della Costa Crociere, sia finita contro uno scoglio a meno di duecento metri dalla riva. Sull’isola più di un abitante sostiene che non è proprio vero, che ‘Le Scole’ – così si chiama il gruppo di scogli dove è finita la corsa della Concordia – non ci sono sulle carte. “Le isolette attorno al Giglio, come Le Scole, sono tutte ben segnalate sulle mappe – afferma sicura Stefania Pini, titolare di un bar al porto – chi va per mare questo lo sa e lo sappiamo bene noi dell’isola”. Ma Schettino va dritto per la sua strada: “Ci siamo scontrati con uno spunzone di roccia che non era segnalato. Eravamo a 300 metri dagli scogli e quello sperone non doveva esserci. Io e l’equipaggio siamo stati gli ultimi ad abbandonare la nave”. Fa muro anche la compagnia, anche se non può non ammettere che quella navigazione così vicino alla costa è quantomeno anomala. “Sarà l’inchiesta della magistratura a chiarire se si sia trattato di un guasto tecnico o di altro. Da parte nostra ci sarà una collaborazione franca, completa e trasparente con l’autorità giudiziaria” dice Gianni Onorato, direttore generale della Costa Crociere. Parole che, di fatto, non escludono l’errore umano.
Costa Crociere, invece, esclude in maniera assoluta qualsiasi errore nelle procedure di evacuazione della nave. Nonostante diversi passeggeri abbiano raccontato che dal momento dell’impatto con lo scoglio all’ordine di abbandonare la Concordia, sia passata oltre un’ora. “Le procedure di sicurezza ed evacuazione previste in questi casi sono state eseguite nei tempi corretti, le norme sono state rispettate dal comandante – spiega Onorato – e corretta è stata anche la decisione di quest’ultimo di evacuare la nave Concordia quando ha ritenuto che ci fossero le condizioni di sicurezza”. Le cose si sono complicate in seguito ad una ‘repentina inclinazione’ del gigante lungo 290 metri, che ha reso difficile e in alcuni casi impossibile calare le scialuppe e le zattere così come previsto dalle procedure. “È stato un incubo, sembrava di essere sul Titanic, abbiamo veramente creduto di morire”, raccontano alcuni dei passeggeri che hanno lamentano l’inadeguatezza del personale a bordo della nave nell’assistenza e nei soccorsi.“È stata un’esperienza tremenda. Sono ancora scosso, ma anche furioso perché non si può gestire una situazione di emergenza come hanno fatto il comandante e l’equipaggio della nave. Sono stati degli incompetenti”, dichiara Giuseppe Lanzafame che per anni è stato imbarcato su alcune petroliere come marittimo. La sua esperienza di uomo di mare lo porta a mettere sul banco degli imputati chi ha gestito le operazioni di evacuazione della nave subito dopo l’incidente: “Ci hanno fatto restare sul ponte per un’ora e mezza senza dirci niente, i passeggeri erano in preda alla disperazione e qualcuno per il panico si è gettato in mare. Mi sono subito accorto dell’impreparazione del personale, che non sapeva come calare in mare le scialuppe. Inoltre molti non riuscivano a comunicare con noi perché stranieri: non parlavano italiano, ma neanche inglese. Ho spiegato io ad uno di loro come manovrare le scialuppe e mi sono messo alla guida dell’imbarcazione perché loro non sapevano che fare ed erano più spaventati di noi”. Lanzafame ricostruisce poi i momenti terribili dell’incidente: “Stavamo cenando quando è avvenuto l’impatto, nella sala da pranzo la gente ha cominciato a urlare anche se il personale ci diceva di stare calmi. Ho capito subito la gravità della situazione e l’errore del comandante che prima è finito sugli scogli e poi ha fatto una manovra all’ultimo momento, portando la nave in una secca”.