La 16esima edizione del Festival VIDEOEX, che si terrà dal 24 maggio al 1 giugno 2014, quest’anno è dedicato al cinema sperimentale italiano. Intervista a Patrick Huber, direttore del Festival, e Lisa Pedicino, coordinatrice dei programmi italiani
VIDEOEX è il festival più grande del cinema sperimentale in Svizzera. Com’è nata l’idea di dedicare un festival al cinema sperimentale e cosa ci aspetta durante l’edizione del 2014?
Nel 1998, quando VIDEOEX è nato, la videoarte era appena entrata nei musei. Prima di allora non aveva avuto visibilità negli spazi istituzionali, fatta eccezione per gli artisti già considerati famosi come per esempio Bill Viola e Nam June Paik. Questa nuova piattaforma espositiva ha però prodotto al contempo qualcosa di strano: nel circuito museale ed espositivo, cercando la vicinanza con la scultura, il video è diventato quasi sempre installazione, mentre fino a quel momento l’80% della produzione era single screen. Si è assistito ad un divario sempre più evidente per cui lavori single screen, non loop ma espressamente filmici (prodotti cioè con una struttura crescente, con una costruzione e un ritmo che necessitano di un inizio e una fine), venivano mostrati nei musei in modo completamente diverso rispetto a come erano stati concepiti dagli artisti. Il festival è nato proprio dall’esigenza di creare una piattaforma adeguata a mostrare questo tipo di lavori. Nell’edizione di quest’anno ci sarà, come ogni anno, un concorso internazionale ed uno svizzero. Inoltre verranno presentati programmi speciali dedicati, tra gli altri, ai film di Ute Aurand, John Akomfrah, Robert Beavers, Katarina Schröter. E avremo come sempre una “città ospite”.
La “città ospite” di quest’anno è l’Italia. Cosa offre il panorama cinematografico italiano di interessante?
Negli anni passati abbiamo sempre scelto un Paese e abbiamo ospitato due città a confronto. Siamo partiti con lo stesso intento anche per l’Italia, per poi accorgerci che la scelta di sole due città era praticamente impossibile. Per diversi motivi: in parte perché i centri si sono spostati; in parte perché la costituzionale carenza di istituzioni ha determinato l’assenza di un vero e proprio centro in cui gli artisti e i filmmaker potessero formarsi e produrre i propri lavori. L’unico esempio è Roma negli anni Sessanta e Settanta, con la Cooperativa Cinema Indipendente, ma quel tipo di associazionismo, figlio soprattutto di una volontà politico-ideologica, non si è mai veramente trasformato in una struttura organizzata – come invece è accaduto a Londra con la Film-Makers’ Co-op. D’altra parte, l’aspetto positivo di questa frammentazione è che la produzione si è diversificata. Il panorama italiano è variegato, va dalla Sicilia di Palermo e Catania a Napoli, alla Toscana, Torino, Milano… le realtà sono molte e gli autori lavorano in modo indipendente, senza una linea retta dettata da strutture o istituzioni.
Il Festival ha avuto diversi ospiti negli ultimi anni, come Bruxelles nel 2011 o Helsinki nel 2009, quali sono le caratteristiche che accomunano le scelte cinematografiche dei diversi paesi?
La storia dell’arte europea può essere tracciata in tutte queste città, anche se l’output è spesso molto diverso da un posto all’altro. È interessante vedere come movimenti analoghi si rispecchiano in aree europee fisicamente e idealmente “lontane”. Persino in Polonia o in ex-Jugoslavia, nonostante le barriere imposte da politiche e ideologie storiche, il cinema d’artista e sperimentale prende direzioni simili.
VIDEOEX cerca di descrivere il cinema sperimentale italiano con uno sguardo transliminare, cercando di raccontare i tempi e i luoghi, le generazioni e i protagonisti da nuove prospettive, cosa significa?
Significa fondamentalmente evitare di fare del cinema sperimentale una disciplina in senso accademico. Quest’anno, proprio per l’eterogeneità del panorama italiano, abbiamo deciso di affiancare ai programmi storici una serie di programmi “tematici”, che possano raccontare la variegata produzione italiana da un’altra prospettiva.
Durante il festival “La Rabbia” di Pasolini o “Nostra Signora dei Turchi” di Bene, verranno proiettati anche lavori della scena cinematografica attuale, con le nuove produzioni di giovani videoartisti. Come avviene la scelta dei film da presentare?
Nel contemporaneo ci siamo avvalsi della collaborazione con Careof, spazio d’arte milanese che da anni si interessa ai giovani artisti ed ha accumulato uno dei maggiori archivi video in Italia – tra l’altro fruibile nei giorni di VIDEOEX attraverso la postazione fissa di un videojukebox. D’altra parte VIDEOEX da quando è nato ha sempre incontrato la scena italiana più conosciuta internazionalmente: uno dei programmi contemporanei curato da noi è una selezione di artisti che hanno avuto uno sbocco internazionale negli ultimi anni.
Quello che troviamo abbastanza interessante è l’approccio della scena siciliana, quella di Cinico TV e di canecapovolto, che descrivono in molto assurdo, grottesco e irriverente la realtà che li circonda. Cinico TV arriva al limite toccando livelli di assurdità estremi. Guardando il resto della produzione italiana ci si accorge che un simile approccio, anche se meno estremo, viene praticato da molti dei videoartisti italiani: Zapruder Filmmakersgroup e Alterazioni Video guardano alla società italiana forse con una punta di cinismo in meno, ma nella stessa direzione. Non ci sembra affatto casuale che un artista affermato come Cattelan utilizzi un analogo linguaggio per descrivere la realtà italiana. Tutto questo i videoartisti lo fanno da anni.
Manuela Salamone
Informazioni e programma:
Consultate pag. 47 di questa edizione oppure su
www.videoex.ch