Raccontaci di te…
Mi chiamo Ivan Musardo, sono nato nel 1980 a Horgen, dove sono anche cresciuto. Mio padre è leccese, mia madre calabrese. Ho frequentato le scuole a Horgen e ho cominciato a praticare il judo da quand’ero molto piccolo, a sei anni. Dopo, ho iniziato a giocare a calcio fino all’età di 19 anni. Per ora lavoro come buttafuori. Io mi sento italiano, ma mi piace moltissimo la Svizzera. Mi piace il paesaggio, mi piace il lago di Zurigo e le montagne d’inverno. Qui, la vita è bella.
Tu sei un cage warrior. Co-s’è?
È un evento di arti marziali miste, il più grande in Europa. Tramite questo cage warriors tanti sono riusciti a diventare professionisti. È una delle organizzazioni più grandi. Si invitano combattenti, come boxisti, del kick-box o dell’arte grecoromana, e si organizzano combattimenti liberi. Significa che si possono usare sia i pugni che i calci, per terra si può continuare a dare pugni e strangolamenti.
Immagino che ci siano anche delle regole, o no?
I colpi bassi e le dita negli occhi sono proibiti. Non si possono nemmeno tirare capelli o dare morsi. In pratica è un mix di tutte le arti marziali.
Come sei arrivato ai cage warriors?
Ho fatto molti combattimenti amatoriali in Olanda. Se hai all’attivo un certo numero di combattimenti, le grandi organizzazioni si rivolgono a te e ti ingaggiano per le gare. Ho combattuto in tanti Paesi, tra cui in Giappone e in Germania. Quando avevo 20 anni un mio amico mi ha mostrato una cassetta nella quale si vedevano questi combattimenti. Allora mi sono subito detto che anch’io avrei voluto combattere.
… E oggi sei il campione mondiale dei cage warriors e in più tutti ti chiamano Ivan “Il terribile”..
Questo soprannome me l’hanno dato tempo fa, nel 2006, quando sono stato in Germania. Su DSF hanno fatto un reality show tipo Grande Fratello, ma con combattenti. Io ho partecipato a questo reality show. Il fine settimana organizzavano dei combattimenti e chi perdeva doveva andare a casa. Io sono arrivato fino in finale, anche se poi non l’hanno mai fatta per motivi organizzativi. In quell’occasione, quando mi ha visto combattere, la presentatrice mi ha affibiato come soprannome “Il terribile”.
Quando avvengono i combattimenti?
Ci sono combattimenti sempre, però uno non può andare a combattere ogni settimana, perché è troppo per il corpo. Non è che tu ti iscrivi e subito vieni chiamato dagli organizzatori. Ci sono varie associazioni, a cui uno può iscriversi, io faccio parte del Frota-Team Zurigo che è una sezione del MinoTauro-Team in Brasile. Si è sempre liberi di partecipare ad un combattimento o meno.
In base a cosa si viene chiamati?
Dipende sempre anche dagli show che fai. Io sono uno che fa molti show. Dipende anche dalle vittorie che hai conquistato.. In base alle vittorie che hai riportato, ti danno anche un salario. Ricevi soldi per il combattimento, ma ci sono anche eventi dove si ricevono soldi per il miglior knock-out della serata. Ci sono anche eventi più piccoli, dove non ci sono molti benefit. I cage warriors si possono paragonare alla serie A del calcio. Io ora mi devo qualificare per la Champions League.
Si può vivere facendo quello che fai tu?
Dipende. Per me al momento è difficile, perché mancano gli sponsor, però mi hanno chiesto se posso andare a fare un test in una squadra a Miami. Se riesco ad entrare lì, può cambiare tutta la mia vita.
Cosa significa per te essere il campione mondiale dei cage warriors?
Mi si sono aperte tante porte. Prima combattevo e il bilancio delle lotte era buono, con 18 vittorie e 5 sconfitte. Ora che ho vinto, dipende da cosa faranno i miei manager. L’organizzazione più grande che c’è è la UFC, tutti vogliono arrivare a farne parte. Come detto, devo raggiungere altre qualificazioni, ma è possibile anche che quelli della UFC mi notino e mi contattino per un incontro.
Quindi saresti pronto a trasferirti in America?
Si, è da cinque anni che aspetto una chiamata. Adesso, con questo titolo, ho più chance.
Immagino che uno si faccia anche male in questi combattimenti. Raccontaci…
Sì, io, ad esempio, una volta mi sono rotto l’osso della mano, poi mi sono rotto delle costole e infine, nel corso di una serata, mi hanno rotto il naso in sette punti. Tuttavia, malgrado le apparenze, è uno sport che non ha niente a che vedere con la violenza, si può paragonare al rugby. Con il tempo ci si abitua al dolore e s’impara a continuare anche soffrendo. Se un dolore è troppo forte e non vuoi continuare, ci sono dei segni che puoi dare per interrompere l’incontro, ma certamente poi è il concorrente a vincere. A me non è mai successo che abbia dovuto fermarmi. Solo gli arbitri sono intervenuti due volte e hanno fermato l’incontro perché a loro sembrava che non potessi continuare.
Quando entri nel ring o nella gabbia che sensazioni provi?
Prima di tutto, sbagliano quelli che dicono che bisogna essere arrabbiati. Devi spegnere tutte le sensazioni e devi inserire il pilota automatico. Devi fare quello che hai imparato durante gli allenamenti: bisogna essere certamente aggressivi per vincere, ma solo durante il combattimento. Spesso, dopo un combattimento, andiamo insieme a bere una birra. L’avversario è avversario solo nel ring o nella gabbia.
Quali sono i tuoi idoli?
Di bravi ce ne sono tanti, ma il mio idolo è il mio maestro Augusto Frota. Da dici anni è il mio allenatore, la sua scuola qui a Zurigo si chiama Frota-Team, è una sezione della grande scuola a Rio. Con lui parlo solo il portoghese, l’ho imparato da lui.
I tuoi genitori come hanno reagito?
Mi dicono spesso “Perché non la smetti?”, e io dico loro che ho appena iniziato. Stranamente mia madre la prende molto più alla leggera di mio padre, forse perché mi ha sempre seguito e ha visto i miei combattimenti. Mio padre sta più in ansia, a volte non riesce neanche a guardare.
Hai altro da dirci?
Il mio prossimo evento sarà a Zurigo al Komplex. L’evento si chiama Shooto.
M.S.