Nelle sale la vera storia di John Gotti, il capo della famiglia dei Gambino
“New York è la città più ricca del mondo ed era mia. Ero un ragazzo di strada e sono arrivato in cima”: in questa a dir poco emblematica frase del boss della famiglia Gambino è racchiusa l’intera parabola del gangster John Joseph Gotti che ha scalato i ranghi della mafia italiana di New York senza pietà. Soprannominato ‘Teflon Don’ per la sua spiccata eleganza, il boss italo-americano fu uno dei temutissimi capi della criminalità durante gli anni ’80, divenendo praticamente una celebrità e dando l’impressione di essere intoccabile di fronte alla legge. Dopo un sanguinoso colpo nelle strade di Manhattan all’inizio degli anni ’80, Gotti diventò il capo della famiglia criminale dei Gambino, la più grande e potente organizzazione mafiosa degli Stati Uniti. Il film, diretto da Kevin Connolly e sceneggiato da Lem Dobbs e Leo Rossi, ripercorre le tappe che hanno segnato la sua ascesa criminale fino al conclamarsi della malattia negli anni ‘90, dipingendo il ritratto di un uomo ambizioso e avvezzo alla violenza.
Il registro narrativo è quello della conversazione, in prigione, tra il boss e il figlio John Gotti Jr., durante la quale il protagonista ripercorre trent’anni di scelte e di imprese criminali: racket, droga, gioco d’azzardo, estorsione e omicidi che hanno scandito il vissuto del boss tra una pena detentiva e l’altra, sempre con il sostegno della devota moglie Victoria.
Ripetutamente al centro delle indagini dell’FBI, inchiodarlo alle sue responsabilità non fu un’impresa da poco e le autorità riuscirono ad incastrarlo solo dopo aver convinto Sammy ‘Il Toro’ Gravano, il suo uomo di fiducia, a diventare un informatore. Una volta in prigione, condannato all’ergastolo senza aver mai patteggiato, Gotti lascia in eredità al figlio il comando dell’organizzazione criminale, ma le cose non vanno secondo i suoi calcoli perchè la strada intrapresa dal figlio si rivela decisamente diversa da quella seguita dal padre, che morirà in una prigione Federale del Missouri nel 2002, all’età di soli 61 anni, per un cancro alla gola.
In occasione della partecipazione del film fuori concorso al Festival di Cannes, il regista ha dichiarato di essere sempre stato affascinato dalle vicende riguardanti il boss malavitoso: “Essendo cresciuto a New York, ho sempre subito il fascino delle storie che circondano John Gotti, soprannominato sia il Teflon Don sia il Dapper Don, nomignoli dovuti alla sua spiccata eleganza e all’attitudine particolare di far decadere le accuse nei suoi confronti (…) Lavorando a stretto contatto con la famiglia Gotti (a volere il progetto sin dall’inizio è stato John A. Gotti, il figlio del boss), ho voluto ritrarre John nella maniera più veritiera possibile mettendone in evidenza il lato buono, quello cattivo ma anche quello pericoloso. Non credo che il film addolcisca in alcun modo la figura di Gotti come gangster. Ma era doveroso far risaltare come amasse la famiglia, come fosse leale con i suoi uomini e come fosse ritenuto un eroe da quegli operai e da quelle operaie che venivano protetti dalla sua organizzazione. Ho capito meglio grazie a lui cosa significhi realmente l’espressione codice d’onore”.
Nei panni del protagonista un superbo John Travolta che dopo aver ricevuto una nomination agli Emmy 2016 per la sua grande interpretazione nella serie televisiva ‘Il caso O. J. Simpson’, è passato a vestire i panni del mafioso più popolare della storia contemporanea.