Due film documentari per guardare da vicino due miti internazionali
C’è trepidazione in Italia per l’arrivo nelle sale dell’unico documentario autorizzato su uno dei miti della musica di tutti i tempi, Cobain: Montage Of Heck, ovvero il film-documentario che attraverso filmini casalinghi, registrazioni inedite, opere d’arte, fotografie e interviste ripercorre passo dopo passo la vita e la carriera di Kurt Cobain, il cantante dei Nirvana che l’8 aprile 1994, all’età di 27 anni, proprio mentre era all’apice della carriera, decise di togliersi la vita. L’opera è stata presentata in anteprima mondiale alla 65a edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino e dopo essere già stata proiettata in America arriva in alcune sale italiane eccezionalmente per i giorni del 28 e 29 aprile. Si tratta del primo progetto realizzato con la piena collaborazione della famiglia Cobain, che otto anni fa ha permesso al regista Brett Morgen di accedere agli archivi personali di Kurt. “C’erano oltre 200 ore di musica e registrazioni mai pubblicate, un vasto insieme di progetti artistici, un incalcolabile patrimonio di filmini e oltre 4.000 pagine di diario”, ha rivelato il regista. Per la realizzazione del film il regista attinge dallo smisurato archivio di Cobain, passando fra arte, musica testi, riprese realizzate in casa e interviste di familiari e amici e perfino animazioni originali realizzate utilizzando fotografie, giornali e album di famiglia come ispirazione, per illustrare alcuni dei passaggi più importanti della vita di Cobain. Grazie a tutto questo materiale è stato possibile realizzare i passaggi più importanti della vita di Cobain fino alla sua morte, ma quello che scopriranno gli spettatori è senza dubbio qualcosa di più. Dice il regista in un’intervista: “La vera sorpresa per il pubblico potrebbe essere questa: il mito che circonda Kurt, cioè quello di un ragazzo che vuole diventare rockstar e quando diventa rockstar non gli piace e allora si ammazza, non ha niente a che fare con la sua vita vera, e nemmeno con il motivo per cui si è tolto la vita. Il problema di Kurt è quello di essere alla ricerca di una famiglia, di essere accettato da una famiglia: questa è la forza che lo guida. La musica per lui è una maniera per essere accettato. Prima ancora che diventare una rockstar lui vuole avere una famiglia, e quando a Roma sospetta che Courtney lo abbia tradito, nella sua testa esplode tutto, lo fa tornare indietro ai problemi con la sua famiglia, che non ha mai risolto”.
Il 23 luglio 2011 all’età di 27 anni un’altra star mondiale muore nella sua casa di Camden, a Londra. Si tratta di Amy Winehouse, la regina del soul bianco, una delle artiste più tormentate degli ultimi anni. “Amy” – questo il titolo del documentario – racconterà la storia della cantante a quattro anni dalla sua morte ed uscirà nel Regno Unito il prossimo 3 luglio. Dietro la macchina da presa c’è il regista vincitore di un BAFTA per “Senna”, il docu-film che ripercorre la carriera del pilota brasiliano Ayrton Senna, Asif Kapadia. “Circa due anni fa abbiamo deciso di fare un film su di lei, la sua carriera e la sua vita. È un film molto complicato e tenero. Affronta un sacco di cose sulla famiglia, i media, la fama, la dipendenza, ma soprattutto cattura il cuore di quello che era, una persona straordinaria e un vero genio musicale” afferma il regista. Distribuito dal prossimo 3 luglio dalla londinese Altitude Film Distribution, “Amy” ricostruirà la vita intima e professionale della Winehouse tramite le parole stesse della cantautrice e il contributo di interviste ad amici, colleghi e familiari della stessa, utilizzando immagini private e brani finora inediti, mostrando il percorso che l’ha portata alla fama mondiale ed i tormenti privati divenuti pubblici anche a causa dell’ingerenza della stampa anglosassone. Il film porta un titolo molto semplice, ma il sottotitolo “The girl behind the name” è molto indicativo: “la ragazza dietro il nome”, ovvero il regista ha cercato di portare alla luce ciò che su cela dietro la “Amy” che abbiamo conosciuto.