Nella notte del primo anniversario del terremoto a L’Aquila, alle 3.32, c’è stato solo un lunghissimo silenzio, seguito da 308 rintocchi della campana delle Anime Sante: gli aquilani si sono ritrovati in oltre 25 mila in piazza del Duomo, la stessa dove la notte del terremoto si ritrovarono feriti e spaventati mentre la loro città e i loro parenti venivano “divorati” dal forte sisma.
La notte del primo anniversario è stata illuminata da migliaia di fiaccole e candele che la sera prima avevano illuminato il percorso dei quattro cortei silenziosi partiti da altrettanti quartieri per raggiungere la zona rossa del centro storico. Un gesto di grande valore simbolico per commemorare le vittime e per ribadire la volontà di tornare ad occupare il cuore della città.
Gli effetti del terremoto di magnitudo 6.3 che alle 3.32 del 6 aprile 2009 devastò L’Aquila attirarono l’attenzione del mondo perché i danni andarono a ricadere su un’intera città e su tanti piccoli borghi.
Le 308 vittime, di cui 40 soltanto nella frazione di Onna – una comunità di 300 persone – non ebbero scampo, colte nel sonno tra mura non preparate ad un evento simile, nonostante la città fosse classificata ad alto rischio sismico e la memoria storica dei violenti terremoti succedutisi nei secoli.
Dei circa 60.000 abitanti del capoluogo, e altrettanti dei paesi di quello che è ora noto come “il cratere”, un anno dopo sono ancora 52.275 gli assistiti, persone con la casa distrutta o inagibile.
La ricostruzione vera e propria stenta a partire, ma intanto gli aquilani, per mesi chiamati “sfollati”, sono tornati a vivere in città, molti in zone diverse, dove risulta difficile ricreare il tessuto sociale, specie per gli anziani.
Sono 14.642 coloro che usufruiscono degli appartamenti della Protezione Civile, molti dei quali realizzati a tempo di record sotto l’occhio del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, il quale è stato per 26 volte all’Aquila.
A fine marzo sono 1.837 le persone che hanno preso possesso dei moduli abitativi provvisori (Map), allestiti in 18 frazioni. Ma ancora 4.594 persone alloggiano in strutture ricettive, sia nell’aquilano sia in località della costa abruzzese.
Altri 31.202 sono sistemati provvisoriamente in altre strutture e con diverse modalità. Chi è riuscito a tornare nella propria casa non trova tutti i servizi e le attività commerciali di prima.
Intanto, nell’imminenza dell’anniversario gli aquilani hanno deciso che non vogliono più aspettare: per tornare a vivere il centro storico e per sollecitare la rimozione delle macerie nella cosiddetta “zona rossa” hanno dato vita ad una rivolta pacifica: dal 28 febbraio, ogni domenica, con le carriole, sono entrati nelle vie del centro storico insieme ad esperti in grado di distinguere i materiali utili alla ricostruzione dagli inerti destinati alla discarica.
Così “il popolo delle carriole”, prima simbolicamente, poi con l’intervento pure dell’Esercito, è riuscito a liberare qualche piazza dai cumuli di macerie. In tutto ciò non sono da dimenticare i beni culturali: sono circa 1.700 i monumenti seriamente lesionati dal sisma: 44 di essi furono inseriti in un elenco di edifici da far “adottare” ai partecipanti del G8, accorsi all’Aquila nel luglio del 2009, quando ancora gran parte della popolazione viveva nelle tendopoli allestite intorno alla città.
I leader del G8 si fecero fotografare tra le macerie e promisero di partecipare alla ricostruzione, ma allo stato attuale solo per 12 monumenti sono arrivati impegni concreti da altri Paesi.
Che sia stato fatto molto lo conferma anche il sindaco, Massimo Cialente, il quale però avverte che “c’é ancora moltissimo da fare per ricostruire L’Aquila e farla ripartire”. “Ci sono decine di migliaia di persone ancora fuori. Abbiamo un tessuto sociale, economico e produttivo interamente da ricostruire. Non basta la buona volontà”.