Il quadro, da Sotheby’s mercoldedì della settimana scorsa a New York, ha fatto segnare il record assoluto per un’asta
C’è crisi economica nel mondo, imprenditori che si suicidano, gente comune che si arrabatta per sbarcare il lunario, ma nella sede di Sotheby’s di New York ogni parola, anzi, ogni cenno significa milioni di dollari. La danza dei milioni ha interessato circa un migliaio di ricchi che mercoledì sera della scorsa settimana si sono ritrovati, con le palette sotto la giacca per essere identificabili dal numero, nella sala della grande asta. L’occasione era delle più ghiotte: si parla di un disegno di Picasso, di una tela di Mirò, di una scultura di Giacometti, di quadri di Picasso (ancora), di Gauguin, di Matisse, di Léger, di Toulouse-Lautrec. Il pezzo forte della serata, però, era la notissima e sempre stupenda opera del pittore norvegese Edvard Munch: l’”Urlo”. Assistere ad un’asta è uno spettacolo. I partecipanti sono tutti noti, magari non tra di loro, ma certamente tra gli organizzatori e gli “appassionati”. Insomma, Sotheby’s non è l’asta del mobile rifatto di un qualsiasi quartiere di una qualsiasi città di media grandezza. Il conduttore dell’asta, il grande cerimoniere, poi, non è un personaggio qualunque, è un esperto, non solo di arte, ma del suo mestiere.
Le cronache parlano di un inizio da choc: “La femme assise dans un fauteuil” di Picasso viene battuta a 26 milioni di dollari (più le spese d’asta). Seguono le opere di quei nomi citati prima, il fior fiore dell’arte moderna e contemporanea, i personaggi che hanno lasciato un segno indelebile nella storia dell’arte e della cultura. Possedere un Picasso, un Toulouse-Lautrec, non è un segno di ricchezza materiale, è un orgasmo di emozioni che si rinnovano ogni volta che lo si ammira. Immaginatevi la tensione quando il grande cerimoniere annuncia l’opera di Munch, collocata proprio di fronte a centinaia di teste che sbirciano il quadro con un occhio e con l’altro seguono le contorsioni di Tobias Meyer, che parte da 70 milioni di dollari. Poi inizia la danza del rilancio, palette che si alzano e si abbassano, la voce del cerimoniere che rimbalza la cifra e la cambia per l’insistenza di un’altra paletta. Insomma, alla fine si arriva a 90 milioni di dollari, ma non è finita. Di milione in milione si arriva a 107, record assoluto per un’asta (il precedente è stato un Picasso, “Nudo, foglie verdi e busto”), che diventano 120 con i diritti d’asta (91 milioni di euro). Ed è stata subito caccia ai possibili acquirenti. Sì, perché gli acquirenti non stavano lì, si sono fatti rappresentare da personale di Sotheby’s, nel più assoluto segreto, con cui comunicavano via telefono. Quindi non c’è nessuna certezza, solo ipotesi fatte sulla base di altri acquisti, di voci, di entourage. Si parla di Mayassa, che è una dei sette figli dell’emiro del Qatar, dell’ex ambasciatore americano Ron Lauder, dell’imprenditore russo Roman Abramovich, ma sono solo supposizioni.
Chi, invece, è noto, è il venditore, Petter Olsen, norvegese, proprietario del quadro. Pensate, Munch l’aveva regalato a un suo amico, il padre, appunto, di Petter, che si è ritrovato una (bella) fortuna tra le mani. [email protected]