Sembra tramontata l’idea di una reggenza fino al congresso in autunno e maturata invece l’elezione di un segretario che “includa” le diverse anime del partito
L’11 maggio all’Assemblea nazionale del Pd verrà scelto il nuovo segretario in sostituzione del dimissionario Bersani. All’inizio si era pensato ad una reggenza che gestisse la transizione fino al congresso in autunno, ma quest’idea è tramontata non appena c’è stato il voto di fiducia al governo Letta.
Chi sarà il nuovo segretario? La sfida è tra Gianni Cuperlo, ex dalemiano. Per dirla con Riccardo Barenghi su La Stampa, Cuperlo è “il volto umano di D’Alema”, insomma uno di sinistra, della sinistra colta e intellettuale (ex leader Fgci) che piace solo a D’Alema. L’altro è Guglielmo Epifani, ex segretario della Cgil, sostenuto da Bersani, da Letta e pare anche da Renzi. Epifani e Cuperlo fanno parte della stessa area politica, quella di stampo socialdemocratico, ma il primo è più dialogante, in ogni caso, pur non venendo da una tradizione ex comunista (era socialista ai tempi del Psi) incarna l’ampia fascia di sinistra. Epifani, insomma, sarebbe un Bersani riveduto e corretto, come del resto anche Cuperlo. In fondo la differenza è piuttosto di carattere e di cultura che di altro. A Renzi Epifani non dispiace. Chiusa l’epoca Bersani, di colui cioè che vinse le primarie sconfiggendo Renzi, seppure con regole che impedivano gli esterni, il sindaco di Firenze si considera ed è considerato il padrone del Pd.
La discussione nell’Assemblea nazionale del Pd verterà sul mandato a termine, fino al congresso per avere un garante di tutte le posizioni, o sulla sua elezione effettiva con il compito di dare un indirizzo unitario ed identitario al Pd dopo il tramonto della stella Bersani. Questa discussione ne presuppone un’altra: il segretario del Pd sarà anche il naturale candidato a premier oppure i due incarichi saranno tenuti distinti? Si comprende bene come le due cose siano assai diverse tra di loro. Nel primo caso Renzi sarebbe tagliato fuori dalla futura candidatura a premier, a meno che non si candidi ad essere lui il segretario, cosa a cui lui non ha mai mostrato di tenere. Nel secondo caso, Renzi, riconosciuto come il futuro leader candidato premier, potrebbe dare tranquillamente il via libera a Epifani.
Insomma, nel Pd non vogliono un secondo Franceschini che fu eletto per gestire la transizione e invece si candidò ad essere il segretario effettivo eletto, salvo poi ritirarsi in buon ordine dopo la vittoria di Bersani. Civati, il leader della minoranza che ha espresso mal di pancia al punto da uscire fuori dall’aula per non votare un governo sostenuto dal Pdl, ha detto in un’intervista a La Stampa che in fondo Epifani e Cuperlo sono uguali e che “il punto è che stiamo snaturando il Partito democratico. Gli avevamo dato un nome: primarie. E un cognome: alternativa a Berlusconi. Il cognome è saltato per le ragioni che sappiamo, cerchiamo almeno di salvare il nome”. Insomma, il segretario e il candidato premier lo devono scegliere gli elettori e gli iscritti, altrimenti, dice, “più che ad una scissione siamo condannati all’estinzione”.
Sembra che contrariamente a quello che pensa Veltroni, nel Pd si vada verso due leadership: quella del partito e quella del governo, restando chiaro che quella del futuro governo dopo Letta apparterrà a Matteo Renzi, sul quale ha puntato anche Carlo De Benedetti come “unico leader spendibile”.
In realtà, l’11 maggio tutto può succedere, anche che i pronostici non siano rispettati. Sì, perché è evidente che una scelta al posto di un’altra influisce anche sulla tenuta del governo. Se sarà eletto un uomo che alle larghe intese non ci crede, è chiaro che i pericoli per Letta non deriveranno solo da Berlusconi e dalla sua insistenza sull’abolizione dell’Imu sulla prima casa come condizione per la fiducia, ma anche da chi ha subito la scelta dell’accordo con lo storico avversario-nemico.
A proposito dell’abolizione dell’Imu, Berlusconi non è il solo a volerla, ci sono anche la Lega e soprattutto M5S, ma c’è anche una parte del Pd stesso. Un politologo del calibro di Luca Ricolfi la soppresione dell’Imu la definisce importante non solo perché sarebbe un balzello in meno, ma perché si tradurrebbe in crescita e possibilità di occupazione perché i soldi risparmiati, dando respiro alle famiglie, verrebbero impiegati nei consumi che, appunto, aiuterebbero l’economia.
Ritornando al Pd, la sfida del nuovo leader del partito avrà il compito di mettersi alle spalle i contrasti e i rancori degli ultimi due mesi e di non alimentarne di altri. La bocciatura di Marini candidato alla presidenza della Repubblica potrà essere più facilmente archiviata perché il personaggio non è mai stato una figura storica nel Pd, ma quella di Prodi, due volte premier e fondatore del partito difficilmente sarà digerita, perché è la terza bocciatura che l’ex premier subisce per fuoco amico e il modo ultimo “ancor l’offende”. Nello stesso tempo non potrà essere una figura che mortifica una componente (quella cattolica) a vantaggio dell’altra (quella post comunista). Il punto di equilibrio non sarà facile da raggiungere ma dovrà essere raggiunto a tutti i costi se non si vuole creare il fossato nel Pd tra gl’innovatori che si riconoscono in Renzi e la vasta e variegata area di sinistra che Fabrizio Barca voleva raggruppare, più che in contrapposizione a Renzi, come distinzione da lui, ma in due partiti autonomi.