A vent’anni dal muro di Berlino è caduto, nel giro di poco più di tre mesi, anche il muro di Washington. Con lo sfaldamento dell’impero sovietico e con la Cina di allora, che era ancora un Paese del terzo mondo, gli Usa si ritrovarono di colpo ad essere l’unica potenza mondiale, a livello politico ma anche militare ed economico. L’unilateralismo fu una conseguenza della fine della guerra fredda. Liberi dal giogo sovietico molti Paesi guardarono agli Usa e questi videro un vasto orizzonte aprirsi davanti a loro. Quelli che vanno dal 1990 a tutto il 2008 sono stati gli anni della potenza americana ma anche quelli della sua solitudine, perché il resto del mondo, alla lunga, ha voltato le spalle all’America o, quanto meno, ha sopportato sempre meno la sua egemonia, anche quando veniva esercitata a scopi difensivi o come “esportazione della democrazia”. Siccome la campagna elettorale americana è lunga, Obama lo annunciò già quasi due anni prima, tuttavia la crisi economica mondiale, partita proprio dagli Usa, ha accelerato la caduta del muro e al suo posto è nata velocemente la politica del dialogo, della “mano tesa” o, come si dice con una sintesi tecnico-politica, del multilateralismo. G2 con la Cina, G2 con la Russia, “nuovo inizio” con l’Iran, apertura con Cuba, disgelo con il venezuelano Chavéz che vuole diventargli amico, mano tesa al nicaraguense Ortega: sono tutte tappe che nel giro di tre mesi, hanno connotato la nuova politica estera americana. L’ultimo tassello è stato il vertice panamericano avvenuto a Trinidad e Tobago. Hillary Clinton ha chiesto scusa al Messico per la richiesta di droga proveniente dagli Usa e che ha fatto esplodere il narcotraffico, ha riconosciuto il fallimento della politica
americana verso l’Iran e verso Cuba e, prima ancora, verso la Cina. Il discorso di Obama al vertice ha ribadito ed allargato la svolta: “A volte ci siamo disimpegnati, a volte abbiamo cercato d’imporre la nostra volontà, ma da oggi non c’è più un partner maggiore e uno minore nei nostri rapporti”. A Ortega, che ha tenuto un’arringa contro l’imperialismo americano e che comunque aveva aggiunto che nulla poteva essere imputato al nuovo presidente, Obama ha risposto: “Sono grato al presidente Ortega di non avermi accusato di cose successe quando avevo 3 mesi”. È vero che la mano troppo tesa può ottenere l’effetto contrario, è vero che comunque è una via intrinsecamente valida, ma è vero anche che è diventata una necessità, soprattutto dopo la crisi economica. C’è urgenza di dialogo e c’è urgenza di commercio e di sviluppo, di crescita di tutte le economie mondiali e per gli Usa c’è anche una questione di sopravvivenza. Aprire anche all’Asia, al Medio Oriente e all’altra America vuol dire bloccare l’espansione della Cina che sta colonizzando l’Africa e, stesi ponti con i Paesi dell’America Latina, ritessere la rete di vecchie e nuove alleanze. “La pari dignità” è una piccola espressione, che però sta provocando nuove attese e nuove speranze, oltre che economiche pure politiche, anche nei tanti Paesi soffocati da altri muri.