Alla fine, i ricorsi presentati dalla lista Pdl, esclusa dalla provincia di Roma, non hanno sortito nessun effetto: dalla Corte di appello al Tar e al Consiglio di Stato, poi ancora al Tar perché il Consiglio di Stato aveva offerto spiragli per il ricorso e infine il Consiglio di Stato che esclude definitivamente la lista, riammettendo quella di Sgarbi, il quale, in questo modo, si trova a poter usufruire di un periodo molto limitato per la campagna elettorale.
Nell’esclusione della lista Pdl da Roma e provincia le varie istanze amministrative hanno applicato il regolamento regionale e non il decreto legge “interpretativo” del governo; il dato politico è che questa scelta ha escluso dalla competizione il partito di maggioranza relativo e ciò, ai fini della competizione, non depone a favore della dialettica democratica perché si priva l’elettore della possibilità di scegliere.
Questa campagna elettorale, lo dicemmo sulla scorsa edizione, si sta svolgendo sul piano della polemica e non su quello programmatico. In sostanza, l’elettore che voglia farsi un’idea di ciò che i candidati intendano fare una volta eletti alla guida della Regione di appartenenza, resterebbe deluso.
La campagna elettorale ha avuto il suo momento essenziale nelle due manifestazioni di sabato 13, quando si sono ritrovati in piazza i leader del centrosinistra che hanno accusato Berlusconi di attaccare la magistratura, cioè un altro potere dello Stato, di non accettare le regole democratiche e di assottigliare gli spazi di libertà, e di sabato 20, quando a scendere in piazza è stato il popolo del Pdl che con una prova di partecipazione di massa ha accusato gli avversari delle stesse cose.
Berlusconi, cioè, ha criticato il centrosinistra di volergli chiudere la bocca malgrado venga insultato sistematicamente sulla stampa ed ha attaccato la parte della magistratura politicizzata, rea di volergli impedire di svolgere il suo compito con la persecuzione giudiziaria.
Come si vede, le due manifestazioni sono speculari l’una all’altra. Non sappiamo chi vincerà. Troppe sono le incognite. Le polemiche seguite alla mancata presentazione o all’esclusione – a seconda dei punti di vista – della lista Pdl a Roma hanno appannato l’immagine di un Pdl imbattibile.
Probabilmente hanno nociuto anche le polemiche interne tra i due leader, percepiti come in disaccordo su temi fondamentali del programma di governo e come rivali nella leadership del partito.
Sicuramente hanno contribuito i “magistrati militanti”, prima con la testimonianza di Spatuzza e poi con quella di Ciancimino junior in processi senza che le loro dichiarazioni fossero verificate (e infatti i due sono stati poi dai giudici ritenuti inattendibili).
Ancora più sicuramente hanno contribuito sia i processi pubblici in tv di alcune trasmissioni, che l’ultima iniziativa della procura di Trani che seppure poggi sul nulla, tuttavia ha aggiunto un danno d’immagine al premier.
Ecco, per tutti questi motivi, l’esito delle elezioni magari non sarà una catastrofe per il Pdl, ma certamente non sarà quella passeggiata che si pensava fosse un paio di mesi fa.
All’inizio dell’anno, infatti, una regione come il Lazio, dopo l’uscita di scena indecorosa di Marrazzo, sembrava poter essere facilmente conquistata dal Pdl, specie dopo le polemiche seguite alla candidatura di Emma Bonino. Lo stesso discorso si poteva fare per la Puglia, dove prima c’era stata l’inchiesta della magistratura che aveva messo in cattiva luce il Pd di Bersani, poi il conflitto tra Vendola e Boccia, vinto dal primo, che però ha avuto come conseguenza quella di far evaporare l’alleanza tra Pd e Udc.
In Campania, poi, dopo la prova opaca offerta dalla coppia Bassolino alla Regione e Rosa Russo Iervolino al Comune di Napoli, le quotazioni del Pdl erano risalite di molto, per cui la vittoria del Pdl era data per scontata.
Ora, appunto, dopo le polemiche sulle liste nel Lazio, dopo i conflitti tra fazioni in Campania, a risalire nei sondaggi è il Pd che si giova delle disavventure degli avversari. È vero che in Puglia il Pd è nel mirino della magistratura, ma è vero anche che Vendola è molto popolare.
In conclusione, se il Pdl riuscirà a non perdere una delle due Regioni amministrate (Lombardia e Veneto) è già grasso che cola; se riuscirà a strappare anche una sola Regione al centrosinistra potrà ritenersi soddisfatto.
Per quanto riguarda il centrosinistra, anche se dovesse cedere solo una Regione, sarebbe una vittoria, se poi dovesse mantenere le Regioni attualmente amministrate, sarebbe un trionfo.
Vogliamo dire che dopo le elezioni, al di là di chi vince e di chi perde, il governo dovrà affrontare il nodo delle riforme, che dovranno essere fatte, auspicabilmente con le opposizioni ma anche senza, se queste non vorranno, altrimenti la legislatura sarà un fallimento.
Per la cronaca, il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge che per rilanciare i consumi e la crescita mette a disposizione 430 milioni divisi in 300 milioni di bonus per l’acquisto di motocicli, elettrodomestici, nuovi immobili ad alta efficienza energetica, internet veloce per i giovani, rimorchi e semirimorchi, macchine agricole e per l’edilizia, e 130 milioni in sconti fiscali in settori innovativi. I bonus e gli sconti fiscali partiranno dal 6 aprile.