Risultato significativo raggiunto con tre anni di anticipo
Secondo l’Agenzia di stampa statale cinese, Pechino è riuscita a tagliare le proprie emissioni di Co2 del 46% rispetto ai livelli del 2005, centrando il suo impegno di riduzione del 40-45% con tre anni d’anticipo rispetto al target fissato dall’Onu per il 2020. In altre parole, il colosso asiatico ha tagliato del 46% la sua ‘intensità del carbonio’, cioè la quantità di anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera per unità di Pil, con riferimento al livello base registrato nel 2005.
La notizia, diffusa anche da Reuters, è stata poi rilanciata da Patricia Espinosa, segretaria esecutiva dell’Unfccc (Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) con un tweet: “Arrivano ottime notizie dalla Cina, molto incoraggianti”, ha infatti scritto la Espinosa. Secondo quanto dichiarato da Xie Zhenhua, emissario del governo di Pechino presso le conferenze internazionali sul clima, la riduzione dell’“intensità energetica” della nazione asiatica è un risultato decisamente importante che dà la giusta misura dell’impegno ambientale del paese.
L’‘intensità energetica’ è un dato rilevante nella misura dell’efficienza di un sistema economico che serve a stabilire quanta ricchezza è in grado di produrre un paese per ciascuna unità di energia utilizzata: rappresenta dunque il rapporto tra il consumo e il prodotto interno lordo generato. Ricordiamo che il pese asiatico è il secondo al mondo per consumo di energia e che, per rispettare gli impegni definiti a Parigi nel 2015, Pechino dovrà anche abbattere le emissioni di anidride carbonica in rapporto al Pil del 60-65% entro il 2030: il confronto è sempre quello con il 2005.
Lo scorso dicembre, la Cina ha fatto partire una prima versione ridotta del mercato nazionale della CO2, sulla falsariga del sistema ETS europeo (Emissions trading scheme), coprendo il settore energetico ma lasciando fuori, per il momento, tutte le altre industrie. Il mercato del carbonio si colloca tra i cosiddetti ‘meccanismi economici’ che dovrebbero incentivare le imprese ad una conversione green riducendo così il temibile effetto serra: il sistema si basa sulla commercializzazione dei permessi per l’emissione di anidride carbonica: “In base al sistema, ad ogni impresa verrà assegnata una quota di emissioni.
Chi produrrà CO2 in eccesso, potrà comprare quote dalle aziende che avranno inquinato meno del consentito. In pratica, ogni azienda potrà decidere se pagare per il carbonio emesso in più o modificare le proprie attività in modo da ridurre la CO2 generata”, ha dichiarato Jiang Zhaoli, del Dipartimento per la lotta ai cambiamenti climatici del Comitato Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme cinese. In pratica viene imposto un vero e proprio prezzo sulle emissioni di CO2, un meccanismo che prevede l’acquisto di ‘permessi per inquinare’.
Se gli impianti si ripuliscono possono vendere le proprie quote in un circolo virtuoso di concreto risparmio economico e limitazione dell’inquinamento”. Secondo Xie Zhenhua, il sistema, per quanto allo stato embrionale e limitato in termini di estensione, coinvolge già 1.700 compagnie elettriche, responsabili di emissioni stimate in più di tre miliardi di tonnellate di anidride carbonica e rappresenta in questo senso il mercato più grande del mondo: l’obiettivo sembra quello di estenderlo anche ad altre attività produttive inquinanti.