Nel 2020, uno degli anni più difficili per l’umanità messa a dura prova da un’epidemia mondiale, ci troviamo a commentare una notizia che fa rabbrividire per quanto sia ingiusta e per tantissimi versi incomprensibili.
A Caivano, in provincia di Napoli, una giovane ragazza di 22 anni muore per mano del fratello. Un omicidio dettato da particolari moventi che, ripetiamo, nel 2020, risultano assurdi.
Con la sua moto, l’assassino di sua sorella ha inseguito e speronato lo scooter sul quale viaggiavano la vittima e il suo compagno, Maria Paola e Ciro. Cadendo dallo scooter Maria Paola ha sbattuto la testa morendo sul colpo, Ciro, invece, è stato pesantemente picchiato. Il motivo, a detta del violento fratello, è che Ciro ha “infettato” la sorella portandola ad amare un trans.
MariaPaola e Ciro erano una coppia di giovani che si amavano. Quello che c’era di sbagliato in loro era l’assurda considerazione che gli altri avevano del loro amore. Gli altri, quelli che la pensano come Michele Antonio Gaglione – l’assassino – si permettono di emettere giudizi sulle storie d’amore degli altri e soprattutto considerano sbagliato l’amore quando non è tra persone del sesso opposto.
Quante cose sbagliate in questa storia, a cominciare dal fatto che la morte di Maria Paola viene definita una “fatalità” perché il fratello non voleva ucciderla. No, non è assolutamente una fatalità. C’è stato un inseguimento e la premeditazione di dare una lezione “a quelle due lesbiche”, spiegherà l’assassino. Ma non è una fatalità neanche perché la loro storia contrastata, ostacolata, malvista, minacciata è la storia di sempre a causa della contorta visione nei confronti di chi vive un amore non conforme a quello che si aspetta la società dei “benpensanti”. Non è colpa dell’amore la morte di Maria Paola. La ragazza è morta per colpa dell’odio. L’odio di una famiglia, di una comunità e della società che non accetta gli altri amori. L’odio è sempre sbagliato, non è mai l’amore ad essere sbagliato.
Ha anche i contorni di un vero e proprio femminicidio, laddove la famiglia e il fratello si premurano di far prevalere il loro volere sulla ragazza, che deve sottostare senza che la sua personalità, il suo volere e le proprie scelte indipendenti abbiano la benché minima considerazione. Maria Paola, figlia e sorella ma soprattutto donna che deve sottostare e non può scegliere della propria vita, meglio morta che non indipendente.
E non per ultimo, questa storia mette in evidenza che nel 2020 esistono ancora crimini legati alla diversità sessuale e all’intolleranza verso la comunità LGBTQ+, nonché la necessità di “una legge seria contro l’omotransfobia, che prevenga situazioni di questi tipo e che senza dubbi condanni le dichiarazioni che vedono l’omosessualità come una malattia o qualcosa di inferiore”, come afferma Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay Center all’Ansa. È triste costatare che ancora oggi l’Italia è uno dei pochi paesi europei a non avere una legge che protegga adeguatamente le persone della comunità LGBTQ+.
E infine di sbagliato c’è che hanno etichettato l’amore tra Maria Paola e Ciro come “amore trans”, “amore Lgbt”, “amore lesbico” perché Ciro è un ragazzo trans FtM (Female to Male), ma perché occorre a tutti i costi etichettare l’amore? Manco fosse un barattolo di conserva tra mille in dispensa da dover distinguere. L’amore può essere dolce come una buona marmellata fatta in casa, ma non ha bisogno di etichette. Nel frattempo così muoiono quelle come Maria Paola Gaglione, con in mano un prezioso barattolo di marmellata proibita.