L’app consigliata dal governo per tracciare i contagi del COVID-19 è accolta con molta diffidenza e insoddisfazione. Nel frattempo, anche in Svizzera è possibile scaricare l’app SwissCovid. Entrambi le app sono gratuite e non obbligatorie
È attiva dal 15 giugno in tutta Italia, l’app di contact tracing per i contagi da Coronavirus in Italia ed è disponibile in forma gratuita per iOS, Android e telefoni Huawei e Honor che utilizzano il sistema operativo di Google. L’app Immuni funziona come sistema di tracciamento dei contatti attraverso la tecnologia Bluetooth Low Energy, che permette di rilevare la vicinanza tra due smartphone nell’ordine di un metro e registra una lista di codici identificativi anonimi di tutti gli altri dispositivi ai quali è stata vicino entro un certo periodo, quindi il sistema su cui si basa l’app Immuni consente di notificare gli utenti di eventuali contatti ravvicinati con un caso positivo di coronavirus. Inoltre l’app presenta anche una sorta di diario, nel quale a ciascun utente verranno chieste alcune informazioni rilevanti riguardanti anche la propria salute e che dovrebbe essere aggiornato tutti i giorni con eventuali sintomi, una sorta di cartella clinica virtuale degli individui.
Questione di privacy
Una delle maggiori polemiche sull’app Immuni riguarda la tutela della privacy degli utenti. Per questo motivo l’app ha subito una modifica importante per evitare la diffusione dei dati personali di chi la utilizza. Infatti, se prima le informazioni registrate venivano conservate su un server esterno, adesso tutte le informazioni raccolte dall’app saranno accumulate solo ed esclusivamente sui dispositivi mobili degli individui. In questo modo saranno gli smartphone dei singoli utenti a inviare, ricevere e immagazzinare i codici anonimi delle persone incontrate per strada.
Insoddisfazione e polemiche
“Non ho scaricato l’app Immuni e invito tutti a non scaricarla. Perché è un’iniziativa fatta in violazione del codice appalti e delle norme italiane. Il decreto approvato dice che le informazioni presenti sull’app non possono essere utilizzate per altri scopi ma non sanziona il diverso utilizzo”, afferma la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni che, come il centrodestra in generale, è fortemente contraria all’utilizzo dell’app. “Non c’è stata una gara pubblica – aggiunge Meloni – ma il problema è che i dati sulle condizioni sanitarie e gli spostamenti delle persone è il business più appetibile del mondo, per le case farmaceutiche. Senza una legge e delle garanzie costituzionali non si poteva fare, secondo me”.
Nel frattempo ad oggi sono circa 3,3 milioni gli utenti che hanno scaricato l’applicazione di tracciamento Immuni. “Siamo all’inizio, sono passati pochi giorni da quando è finito il periodo di sperimentazione. Dobbiamo ancora entrare nel vivo della campagna di comunicazione” commenta la ministra dell’Innovazione Paola Pisano. Ma il risultato non è per nulla positivo, per essere davvero efficiente l’app dovrebbe essere scaricata da almeno il 60% della popolazione, pari a circa 36 milioni di italiani. Il dato attuale, quindi, è ben inferiore alle aspettative. Ricordiamo che l’app oltre ad essere gratuita è assolutamente non obbligatoria, si può scegliere di non scaricarla.
Ma, a causa dell’eccessiva tutela della privacy, l’app non trova neanche la soddisfazione dell’ambiente medico, Walter Ricciardi, professore ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica e direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, è molto chiaro: “nella concezione dell’app, una decisione all’unanimità della politica, si è privilegiata la tutela della privacy all’efficacia del contenimento dell’epidemia. In questo momento potrebbe essere anche accettabile, ma voglio vedere se ci fossero migliaia di casi come li rintracciamo”. Il professore considera il fatto che non avendo la geolocalizzazione ma avendo invece tutta una serie di paletti che tutelano la privacy, l’app Immuni non è utile a rintracciare l’eventuale contagiato. “Se a questo aggiungiamo che a tutt’oggi è stata scaricata solo da 3,5 milioni di cittadini, ma la percentuale minimale perché sia efficace è almeno il 60% della popolazione, si capisce il senso di frustrazione che ho” spiega Ricciardi, e aggiunge però che “non è solo un problema italiano, ma europeo: l’Europa privilegia la tutela della privacy, che va sicuramente protetta ma in epoca di emergenza bisogna privilegiare la vita umana” ha concluso.
App SwissCovid in Svizzera
Anche la Svizzera ha lanciato l’app SwissCovid, l’applicazione svizzera per telefoni cellulari che contribuisce a contenere il nuovo coronavirus. L’app è abbinata al tracciamento dei contatti classico svolto dai Cantoni per ricostruire le infezioni, contribuendo in questo modo ad interrompere le catene di trasmissione. L’app SwissCovid funziona in maniera analoga a quella italiana: l’app misura in forma anonima la durata dei contatti e la distanza da altri telefoni cellulari e registra i contatti stretti (meno di 1,5 metri di distanza per più di 15 minuti in un giorno). Anche in questo caso è gratuita e non obbligatoria, ma fortemente consigliata dal governo perché con questo comportamento solidale tutti possiamo contribuire a interrompere le catene di infezione. Anche in questo caso viene garantita la privacy poiché i dati raccolti dall’app SwissCovid vengono memorizzati soltanto localmente sul telefono cellulare e l’app non invia dati personali o sulla posizione ad archivi o server centrali. Nessuno può dunque risalire alle persone con cui si è stati in contatto o a dove il contatto è avvenuto.